È passato un secolo da quando lo scrittore ceco Karel Čapek ha pubblicato nel 1920 il romanzo di fantascienza “R.U.R.”, acronimo di Rossumovi univerzální roboti (I robot universali di Rossum) dove per la prima volta compare il termine “robot”, dal ceco robota – lavoro, per descrivere gli androidi replicanti progettati per liberare l’uomo dalla schiavitù del lavoro e della fatica fisica.

Operazione Unica al mondo all’ IRCCS dell’ Ospedale San Raffaele di Milano

Esattamente in questi giorni è stata eseguita all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, unica al mondo, la rimozione di un tumore cerebrale tramite “robotiscopio”: un microscopio-robot a visione tridimensionale (3D), controllato attraverso i movimenti di un casco indossato dal chirurgo che incorpora due microschermi HD per la visualizzazione del campo operatorio e la gestione remota della piattaforma robotica. Čapek ne andrebbe fiero.

I vantaggi della robotica

A compiere l’operazione su una paziente con meningioma, una neoplasia benigna che conta il 15-20% di tutti i tumori cerebrali e colpisce soprattutto le donne di mezza età, è stato Pietro Mortini, direttore dell’Unità operativa di Neurochirurgia e radiochirurgia stereotassica all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Con piccoli movimenti della testa, il chirurgo ha impartito i comandi al braccio robotico grazie a sensori di posizione e accelerometri fissati sul casco, asportando il tumore in poco più di un’ora.

«Una tecnologia – spiega il neurochirurgo – che ha molteplici vantaggi per il chirurgo, dall’ingrandimento del campo operatorio alla possibilità di intervenire in modo continuativo senza interruzioni sulla regolazione dell’apparecchiatura, ma anche una notevole riduzione dei tempi di esecuzione e una maggior precisione operativa a vantaggio dei pazienti».

Il futuro della iSurgery

Per tagliare questo traguardo la chirurgia assistita-da-robot, come precisano sottilmente gli anglosassoni, di passi ne ha fatti parecchi negli ultimi 70 anni. Basti pensare al primo dispositivo chirurgico robotico, il Robotic assisted micro surgery (Rams), messo a punto negli Stati Uniti alla fine degli anni ’50 con il contributo tecnologico della Nasa, fino ai più recenti sistemi Puma 560, Zeus e da Vinci a 3-4 bracci, che hanno dominato in questi ultimi anni il mondo della chirurgia robotica in tutti i campi di applicazione possibili.

Il potenziale futuro e la portata della robotica in chirurgia sembrano, alla fine, limitati solo dall’immaginazione umana. Esistono, però, come asserisce l’esperto di  chirurgia spinale Bhavuk Garg di Nuova Delhi,  anche aspetti e dubbi relativi alla metodica, come lo sviluppo di una sempre più vasta gamma di strumenti a navigazione robotica per espandere le applicazioni della tecnica, soprattutto in campo neurochirurgico. Con due ricadute importanti. La prima deontologica: con l’evoluzione dei dispositivi medici aumenta anche la complessità del contenzioso in caso di incidente o complicanza clinica. Colpa della macchina, dell’uomo o di tutti e due? La seconda economica: gli alti margini di profitto delle aziende produttrici di tali sistemi spingono chirurghi ed ospedali europei e statunitensi a “saltare sul carro” della chirurgia robotica. Forse più per paura di perdere una nuova tecnologia che per la sua reale utilità clinica, su cui mancano ad oggi dati conclusivi condivisi.

Giorgio Cavazzini

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