Le parole? Quelle necessarie. Le frasi? Costruite nel modo più semplice possibile. In un francese corretto ovviamente, ma prive di qualsiasi sfoggio per evitare effetti stilistici. L’aggettivazione? Sobria ma puntuale. L’attributo non deve essere intercambiabile, quello scelto deve essere l’unico utilizzabile nel contesto. La trama? Lineare. Il romanzo? Di poche pagine, sempre meglio una in meno che una in più.

Il vademecum di Georges Simenon. Il padre del commissario Maigret, lo scrittore che portò il noir a dialogare col classicismo letterario e che Gallimard fece suo quando lo scrittore ancora non era né un nome né un cognome. Per l’invidia dei salotti colmi di autori e supposti tali per i quali un delitto doveva trovare spazio in un quotidiano o al massimo ricevere asilo nei libretti da acquistare in edicola, ma non avere l’acceleratore del più prestigioso marchio editoriale.

La scrittura come vita quotidiana

Georges Simenon, l’ex cronista di nera della Gazette de Liège, l’uomo che fece dello scrivere 80 cartelle al giorno un autentico dogma, non smise di seguire queste regole ferree tanto nelle storie con al centro il più famoso commissario di Francia quanto nei roman-roman, i romanzi fuori dall’ombra di Maigret. I più amati dallo stesso autore. I suoi oltre 450 romanzi pubblicati col suo vero nome e un altrettanto numero corposo firmato con pseudonimi sono lì a testimoniarlo.

Al centro della tela pulsa la gente ordinaria, osservata nelle sue uscite con accuratezza per estrarre vita e letteratura da come un uomo si aggiusta il nodo della cravatta o si accende una sigaretta, da come una donna calza indolente un paio di ciabatte o si aggiusta le collant, dalla neve che, pur senza restare sui marciapiedi, già si attacca sui tetti delle case e sui baveri del cappotto dei passanti. Gesti di un’ordinarietà tale da contenere una luce talmente fosca da risultare neri quanto lo possono essere un colpo di pistola o una coltellata.

La ”sublime semplicità”

Per riuscire a trasformare il suo scrivere in un roman à bout de souffle, il romanzo che si legge tutto d’un fiato, Simenon, però,  non tradì mai il supremo dono della chiarezza nella descrizione di ambienti, stati d’animo, cose e azioni, quella “sublime semplicità”, come la definì un altro maestro, Andrea Camilleri, attraverso la quale la penna di Simenon apre mondi umani sommersi, incastonati in una quotidianità che non immagineremmo così ricchi di significato sinistro se non ci imbattessimo nelle sue pagine.

Vite portate avanti con gesti mai più che essenziali, atmosfere quotidiane che partono lievi e pacate e nel capitolo successivo già mostrano l’ombra dell’incubo. La banale esistenza di tutti i giorni ribaltata in un’inquietudine, se non addirittura angoscia, che entra nel lettore senza preavviso. L’abituale e lo straordinario che comunicano nella stessa pagina facendo sì che la giornata deragli all’improvviso quel mercoledì mattina mentre l’uomo fuma al tavolino di un caffè osservando la proprietaria ripetere gli stessi movimenti di sempre dietro il bancone e la pioggia fuori presto farà spazio all’afa di Parigi.

Corrado Ori Tanzi

George Simenon

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