Arianna Tinulla Milesi nasce a Bergamo e oggi vive a York in Inghilterra, due città, dice, che in qualche modo si somigliano. Il suo lavoro si muove leggero attraverso disegni dal tratto preciso e colori spesso appena accennati creando atmosfere solo apparentemente realistiche, più spesso surreali. Indaga se stessa e  ciò che la circonda e spesso la storia e la letteratura le fanno da compagni di viaggio. I suoi ultimi lavori sono stati inclusi nella mostra dal titolo Viva la Vulva”  promossa da Nuvenia a sostegno della Croce Rossa Italiana, i proventi saranno devoluti alle rimaste donne senza tetto a causa del Covid-19 .

Parliamo della tua pratica artistica, nasce prima l’arte o l’illustrazione? 

Al principio di tutto c’e stato sicuramente il disegno, l’ho amato da subito sfogliando i libri di  Flammarion sugli artisti del ‘900 che trovavo a casa dei miei nonni materni, erano tipografi alla Cattaneo, famosa ai tempi per le stampe d’arte e di alta qualità. Dal profondo legame con loro viene anche il nome “Tinulla”. Poi mi sono iscritta a Storia dell’arte alla Statale e infine allo IED a Milano.

La mostra “Viva la vulva” si propone di parlare di emancipazione femminile attraverso il superamento del tabù delle mestruazioni: che rapporto hai con il tuo corpo e con il Femminismo? 

Nonostante non sia coinvolta in prima persona nell’attivismo femminista seguo con interesse quello che sta succedendo in Italia e nel mondo a partire dal movimento di Ni una de menos, credo che nessuno, di qualsiasi sesso o genere faccia parte, può sentirsi estraneo a questi temi. Tuttavia quando mi è stato proposto di partecipare a Viva la Vulva”, volendo portare  un punto di vista personale e onesto come artista,mi e stato subito chiaro che il mio approccio sarebbe stato il più possibile lontano dalla vagina e dal sangue mestruale che non fa più parte della mia esperienza da quando anni fa ho avuto una parziale isterectomia. Ho deciso quindi di concentrarmi sul linguaggio che da sempre ha ingabbiato le donne in ruoli e stereotipi. Essere nominate sotto forma di oggettificazione ci accompagna dall’antichità. “Quella è una vacca”, “Sei una balena”, “Non fare la civetta” “Sei un’oca”, titoli delle opere che ho proposto, sono presi dal linguaggio sessista tipicamente italiano e sono il mio modo di oppormi, con lo strumento dell’ironia, all’ancora presente atteggiamento patriarcale della nostra società.

Che cosa pensi dei brand come Dior o Gucci che hanno usato l’attivismo femminista e di genere e il loro linguaggio per commercializzare i loro prodotti?

Non voglio dare giudizi, non amo la critica a priori alla mondo della moda, in quanto donna bianca, medio borghese, scolarizzata ed europea godo di molti privilegi e sono comunque parte di un sistema. Sono operazioni sicuramente di strumentalizzazione ma mi è difficile dire quanto banalizzino soltanto questi messaggi o se in qualche modo contribuiscano ad una loro maggiore diffusione, fermo restando lo scopo prevalentemente commerciale. 

Come vedi il tuo futuro in questo momento, quali sono i tuoi progetti?

Ovviamente il periodo di solitudine e confinamento dovuto al Covid-19 ha cambiato in parte il mio sguardo sul mondo e sulla mia percezione del futuro e del momento presente. Durante i lunghi giorni di isolamento come tutti ho sentito la mancanza di una vicinanza con gli altri e cosi ho iniziato il progetto “Una finestra sola”.  Hochiesto a persone da tutto il mondo di inviarmi una foto di quello che vedevano dalla finestra con una piccola descrizione del loro stato d’animo, io realizzavo un disegno ispirato a queste foto e lo pubblicavo con la sua storia sui social per condividerlo con tutti. Il progetto si ispira ad una frase di  Fitzgerald: “La vita ha molto più successo se guardata da una singola finestra”, ed ha avuto una incredibile risposta. Ho ricevuto moltissime foto, è stato per me un esercizio umano bellissimo che mi ha avvicinato a tantissime persone, senza distinzione di sesso, età, provenienza sociale. Questo progettomi ha poi messo in contatto con CAST una rete globale di artisti creata da Anna Cottle e Mariana Sainz con il desiderio di scoprire le opere d’arte prodotte durante la pandemia e aiutare gli artisti a condividere il loro lavoro e la loro esperienza mentre tutti affrontiamo la stessa crisi. Al momento sono queste esperienze guidate dal desiderio/necessità di superare barriere di distanza fisica, di classe, di provenienza e di linguaggio che hanno maggiore significato per me, e quindi per il mio lavoro.

Elisa Bozzarelli

Angela-Sala_Londra
Marianna-Fazzi_Rome
Debora-Zamboni
Delicate wishes
Arianna Tinulla Milesi
Cevì_Milano
Arianna Tinulla Milesi
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