Oggi la lotta ai tumori si combatte attraverso una ricerca impegnata ad individuare differenze sempre più “sottili” tra diversi tipi di malattie: non solo a livello cellulare, ma anche a livello molecolare. Il traguardo, tutt’altro che irrilevante, non è quello di curare tout court una patologia con il “rischio” di guarire il paziente, ma di riuscire a sviluppare una terapia mirata in grado di eliminare più efficacemente le cellule tumorali. Modificando, in questo modo, la storia naturale della malattia stessa. Che non è poco.

Una rara neoplasia più diffusa in Europa

È un po’ quello che sta accadendo per i gliomi, un gruppo di tumori maligni primitivi altamente infiltranti del sistema nervoso centrale |SNC|, il centro direzionale di tutte le nostre attività costituito da cervello e midollo allungato, che si sviluppano soprattutto negli adulti, la cui sopravvivenza è ahimè piuttosto breve nonostante il trattamento aggressivo mediante chemioterapia e/o radioterapia. 

La frequenza nella popolazione generale

Per dare un’idea della loro frequenza nella popolazione generale basti pensare che ogni anno in tutto il mondo ne viene diagnosticato uno a meno di 6 persone su 100.000 pari allo 0,00006%, di cui 3 sono donne e 4 uomini. Nei paesi europei i tassi sono più elevati, con 5 donne e 6 uomini su 100.000 persone l’anno, soprattutto in Svezia e Albania con 10 casi ogni 100.000 pari allo 0,0001%. Ciò nonostante, i gliomi rappresentano l’80% di tutti i tumori del SNC in grado di colpire persone di tutte le età, compresi bambini, adolescenti e giovani adulti, ma con particolare ricorrenza tra i 50 e i 60 anni di vita. 

Un tumore spesso raccontato dal cinema

Un’altra informazione di carattere generale, giusto per contestualizzare l’argomento, è la loro origine e il livello di gravità. I gliomi prendono il nome dal tipo di cellule nervose da cui originano, quali astrociti |NdR: ricordate il film Phenomenon con John Travolta/alias George Malley affetto da un astrocitoma?|, oligodendrociti o cellule ependimali, che vengono identificate all’esame istologico. Sempre i gliomi vengono classificati dall’Organizzazione mondiale della sanità |OMS| secondo una scala da I a IV, che riflette la velocità di crescita del tumore e la sua aggressività ovvero la capacità di infiltrare i tessuti circostanti:

I gradi

– grado I, si sviluppano soprattutto nell’infanzia e hanno una prognosi migliore

– grado II o di basso grado, sono tumori infiltranti e a crescita lenta con una prognosi intermedia

– grado III |anaplastici| e IV |glioblastomi|, sono entrambi tumori di alto grado con un decorso aggressivo e una prognosi meno favorevole, per non dire infausta. 

Uno sguardo sulle molecole per rivelarne la vera natura

Ritornando alla nostra ricerca, la diagnosi di un particolare tipo di glioma oggi può avvalersi, oltre che della classica analisi istologica, anche dell’analisi molecolare grazie alla quale è possibile formulare una prognosi certa e in qualche caso migliore. A confermarlo è stato Hai Dang Nguyen che, insieme al team di ricercatori del Dipartimento di Biochimica e Genomica funzionale all’Università di Sherbrooke in Canada, ha individuato un piccolo sottogruppo di gliomi |5% dei casi| che, nonostante rientrino nella classificazione istopatologica di glioblastomi con un decorso aggressivo e una prognosi molto breve, in realtà consentono ai pazienti che ne sono portatori di superare la fatidica barriera dei 5 anni di sopravvivenza. Con una prospettiva lungimirante, come vedremo poi.

La prognosi dipende dalle mutazioni dei biomarker

Per superare la classificazione istologica dei gliomi, influenzata dalla variabilità tra osservatori, e differenziarli meglio i ricercatori utilizzano le mutazioni geniche di un enzima presente nelle cellule tumorali, l’isocitrato deidrogenasi, presente in diversi distretti della cellula |IDH1/IDH2, IDH3, ecc.|. Tutti gli studi sui biomarker nei gliomi hanno confermato, oltre al valore diagnostico delle mutazioni IDH1 e IDH2, anche quello prognostico. Tutti i pazienti con IDH1 o IDH2 mutato, infatti, hanno mostrato una maggiore sopravvivenza rispetto ai pazienti con glioma IDH wild-type |IDH-WT|. Pertanto, la presenza nei gliomi delle mutazioni IDH1/2 può essere considerata come il principale fattore prognostico favorevole per la sopravvivenza, soprattutto per quelli di IV grado. 

Gliomi IDH wild type apparentemente “normali”

Per farla breve, l’indagine dei ricercatori canadesi ha rianalizzato un set di dati provenienti dal database mondiale The Cancer Genome Database Atlas |TGCA| sull’espressione genica del glioma IDH-WT, identificando un sottogruppo di gliomi diffusi IDH-WT con un profilo trascrittomico quasi normale |NL| in grado di consentire una sopravvivenza più lunga. Per inciso, la trascrittomica è la disciplina che studia l’insieme degli acidi ribonucleici messaggeri |mRNA| di una cellula chiamato anche “trascrittoma”. Dagli RNA messaggeri, attraverso il processo di trasduzione, derivano le proteine di cui sono costituiti gli organismi viventi.

I gliomi NL IDH-WT

Questi gliomi NL IDH-WT, che tendono a manifestarsi nei pazienti più giovani, sono caratterizzati da un numero inferiore di mutazioni genomiche e alterazioni quali amplificazioni del recettore del fattore di crescita dell’epidermide |EGFR o HER-1|, alterazioni cromosomiche del cromosoma 7 |inserzioni| e del cromosoma 10 |delezioni|, e mutazioni della trascrittasi inversa della telomerasi |TERT|, sebbene alcuni di loro si possano qualificare ancora come gliomi astrocitari diffusi con caratteristiche molecolari del glioblastoma (Grado IV dell’OMS).

Dal microscopio alla machine learning analysis

Ad aiutare i ricercatori è stato l’approccio diverso utilizzato in questo studio basato sull’apprendimento automatico, una branca dell’intelligenza artificiale che raccoglie metodi sviluppati negli ultimi decenni del 20° secolo in varie comunità scientifiche quali statistica computazionale, riconoscimento di pattern, reti neurali artificiali, filtraggio adattivo, teoria dei sistemi dinamici, elaborazione di immagini, estrazione di dati, algoritmi adattivi e così via. Apprendimento automatico che utilizza metodi statistici per migliorare la performance di un algoritmo nell’identificare sequenze di dati, cioè una regolarità nel livello di espressione dei geni cellulari che permettono di riconoscere diversi tipi di cellule, in questo caso tumorali. Grazie dunque all’approccio automatico è stato possibile identificare, con elevata sensibilità e specificità, i marcatori in grado di discriminare i gliomi NL IDH-WT nella vasta analisi di dati di espressione del glioma condotta per individuare il sottogruppo di gliomi diversi “natural like”. 

La medicina molecolare al servizio dell’uomo

Ma alla fine, a che serve tutta questa complicazione di metodi, dati, algoritmi, estrazioni, pattern, calcoli statistici, reti neurali artificiali se – tradotto per noi gente della strada – alla fine riusciamo solamente a scoprire quanti “mesi” possiamo vivere in più o se il tumore che portiamo in corpo è classificato di basso o di alto grado? Nel caso del glioma, poi, la prognosi potrebbe apparire perfino ridicola. 

La possibilità di terapie innovative

Per fortuna tutto serve, perché tutto abbia un senso. Serve per identificare cambiamenti patologici a livello molecolare ancor prima che si manifestino i segni clinici, serve per predire l’evoluzione della patologia, serve per avere un riscontro obiettivo della risposta o meno ad una qualsivoglia terapia. Insomma, oltre ad offrire ad un manipolo forse di pazienti, ma che in tutto il mondo diventano un popolo, una prospettiva migliore, questi nuovi modelli “trascrizionali” consentono di scovare indizi tutt’altro che insignificanti per lo sviluppo di terapie innovative che hanno come bersagli i checkpoint immunitari e gli aminoacidi di segnalazione dei gliomi. 

In fondo, tutta questa complicazione è la storia dell’uomo, la storia di ognuno di noi. Quindi, come direbbe Amatore Sciesa: “Tirèmm innànz”, andiamo avanti.

Giorgio Cavazzini

3 pensiero su “Dalla trascrittomica un futuro più roseo anche per i pazienti colpiti da glioma”

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