Milanese, classe 1978, diplomato ai Conservatori di Milano e Vicenza in flauto traverso e flauto traversiere, specializzato in musicologia e laureato in storia della musica Gabriele Formenti è quel che, secondo un linguaggio pop, si potrebbe definire un one man band. All’attività di concertista, critico presso varie testate giornalistiche, anche se lui preferisce l’espressione “divulgatore musicale”, e insegnante di musica, aggiunge quella di voce radiofonica, Radio Classica, scrittore di noir con ambientazione storico-musicale, fondatore di un portale tematico e autore di dischi. 

Su Radio Classica lei è voce di Stravaganze Barocche, una delle trasmissioni cardine del network. Dove, quando e come nacque il suo amore per questo periodo?

Ho sempre amato la musica del periodo Barocco, fin da piccolo. Il fascino di un’epoca lontana, fatta di regole e tradizioni oggi scomparse. Dopo il diploma in flauto traverso conseguito presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, mi sono perfezionato in musica antica con un diploma in flauto traversiere sotto la guida del Maestro Marcello Gatti, presso il Conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza. È stato un percorso di crescita professionale entusiasmante, che mi ha permesso di perfezionarmi su questo particolare periodo storico. 

A proposito, perché il Barocco sarebbe stato stravagante?

La “Stravaganza” del Barocco risiede nella sua stessa essenza, cioè nella capacità di stupire ancora oggi il moderno ascoltatore. Lo stesso Vivaldi compose un’intera raccolta di concerti per violino dal titolo La Stravaganza, quasi a suggellare una caratteristica propria di un’intera epoca musicale. Il barocco è “stravagante” nella misura in cui riesce a essere vario, giocoso ma anche serioso, splendente nei suoi più belli strumenti della sua epoca, scuro e meditativo nelle composizioni sacre più significative.

Lei è anche e soprattutto e concertista. Come si sta seduto dall’altra parte della cattedra?

Essere musicista, giornalista e didatta per me sono un tutt’uno. Per quanto mi riguarda la cosa è assolutamente naturale. Anzi, penso che un moderno musicista debba avere più competenze e non solo musicali.

Tra i sancta sanctorum del Barocco si siede Antonio Vivaldi. Un artista che, divide in due gli appassionati. Chi lo venera mette sulla tavola il fatto che abbia scritto 500 concerti, chi non lo sopporta dice che il Prete Rosso non scrisse 500 concerti ma 500 volte lo stesso concerto. Da che parte sta?

Io sto dalla parte di Vivaldi Penso che lo stesso Stravinskij, cui si deve la frase divenuta celeberrima che lei ha riportato nella domanda, volesse essere a suo modo provocatorio. Vivaldi è un artista modernissimo, perfetto per i nostri tempi frenetici. In 5-6 minuti, la durata media di una canzone pop, Vivaldi ci regala un intero concerto. Non penso sia un caso che la sua musica sia stata dimenticata completamente durante l’Ottocento per essere infine riscoperta nel Novecento. Tale popolarità è del resto rimarcata dalla discografia che non manca di proporre almeno un titolo vivaldiano nuovo ogni mese. Forse la cosa più giusta da dire è che Vivaldi ha scritto 500 volte lo stesso concerto in modo diverso, il che equivale a dire che era un genio!

Come ritiene sia oggi la divulgazione della musica classica nel nostro Paese?

La trovo di ottimo livello, anche se l’attuale situazione sta mettendo in crisi e non poco alcune realtà, penso soprattutto all’editoria periodica di settore. A livello radiofonico abbiamo un’ottima offerta fra radio pubblica e privata, fra cui cito qui il caso pressoché unico di Radio Classica, un’iniziativa resa possibile dalla passione dell’Editore Panerai che ha creato qualcosa che in Italia prima non c’era, seguendo l’esempio di Radio Classique in Francia. A lui si deve questa straordinaria piccola-grande realtà che oggi punta molto sul digitale, sui podcast, seguendo una tendenza ormai tracciata, cioè quella di una Radio on-demand dove l’appassionato può scegliere il suo programma preferito, ascoltarlo quando, dove e come vuole, in Fm, in live streaming, sullo smartphone, in automobile. 

Ha esplorato la narrativa scrivendo due noir ambientati nella prima parte del Settecento, anche se il primo offre più piani temporali. Perché proprio quel periodo?

La risposta si ricollega alla sua prima domanda. La mia passione per il periodo storico-musicale in questione si è unita, in questi ultimi anni, a quella per la scrittura. Ho pensato di concentrarmi su un settore, il giallo di ambientazione storico-musicale, anche per colmare un certo vuoto.

Il Violino Noir” e “La Musica del Re”, due romanzi in cui i protagonisti più che gli esseri umani sono due strumenti: il violino e il fortepiano. Come a dire: il burattinaio è la Musica, gli umani i burattini. C’è qualcosa di vero in questa mia lettura?

In effetti è una lettura interessante. Gli strumenti musicali sono i veri protagonisti della storia della musica. Senza di essi non esisterebbero i capolavori di Mozart, Haydn, Beethoven e di molti altri. La loro evoluzione ha determinato l’evoluzione della scrittura musicale. È un aspetto questo che pochi oggi ricordano, che deve invece essere tenuto bene a mente. Un altro aspetto affascinante è relativo al fatto che molti di questi strumenti sono giunti fino a noi in condizioni pressoché perfette, come è appunto il caso del celebre Violino Noir, costruito da Antonio Stradivari per il virtuoso francese del Settecento Jean-Marie Leclair. Ascoltare questi strumenti, i loro suoni, ci fa viaggiare nel tempo.

Come musicologo lei ha firmato un serio studio su Georg Philipp Telemann. Un autore centrale, con una produzione enorme, saccheggiato pure dal rock e dalla musica d’autore italiana ma con un tardivo interesse dimostrato dai suoi stessi colleghi. Gli stessi teatri non lo mettono così frequentemente in cartellone. Perché Telemann ha questo credito nei confronti della Storia?

Telemann purtroppo è stato vittima, può sembrare paradossale, della Bach Renaissance. Quando Mendelssohn ripropone dopo un secolo di oblio la musica del grande Bach, in Germania si forma una cultura musicologica Bach-centrica, se così possiamo dire. Il suo culto permea la musica dei romantici tedeschi. Ancora più paradossale che sia stata proprio la musicologia tedesca dell’Ottocento e del primo Novecento a denigrare la musica di Telemann ritenendola inferiore per qualità a quella di Bach. Negli ultimi tempi però le cose sono cambiate, a partire dal 2017, anniversario dei 250 anni della morte del compositore, si è avuta una vera e propria Telemann-Renaissance con cofanetti celebrativi e molti concerti a lui dedicati. La sua musica oggi è molto amata e per fortuna riscoperta anche dalle sale da concerto. 

Tra i suoi tanti ruoli c’è anche quello di critico musicale. Qual è lo stato di salute della critica nella Grande Musica?

Non mi definirei propriamente un “critico musicale”, quanto un “divulgatore musicale”. Non me ne vogliano i miei colleghi critici, ma non mi è mai piaciuto fare “critica”. Per questo, nei miei lunghi anni di “recensioni” discografiche non ho mai presentato o raccontato un CD brutto. Preferisco fare una selezione a monte e parlare solo di quello che mi piace ma senza dare giudizi. Penso anche che fare il “critico musicale” richieda oggi delle competenze musicali-teoriche specifiche che non tutti hanno. Detto questo, mi pare che nel nostro Paese possiamo contare su alcune firme piuttosto importanti, penso su tutte a quella di Angelo Foletto, critico di Repubblica, che è stato fra le altre cose anche mio professore di Storia della Musica al Conservatorio. Il suo acume, la sua lucidità di analisi, il suo sapere andare dritto al cuore delle questioni, ne fa oggi un punto di riferimento e un modello per molti. 

Come ritiene abbia agito nel nostro Paese l’ambiente della musica classica davanti alla tragedia che l’intero mondo sta vivendo?

Siamo rimasti tutti spiazzati e impreparati di fronte alla pandemia. Il mondo della musica classica ha reagito come poteva, aprendo nuovi canali di diffusione prima trascurati, come ad esempio i concerti in streaming. Ma attenzione, non tutti hanno aderito. Penso ad esempio ad alcuni grandi musicisti, come il grande flautista Patrick Gallois che ha messo in guardia quanti durante il primo lockdown si sono messi a proporre concerti in streaming gratuitamente, praticamente in ogni dove. Il rischio infatti è quello di far passare un messaggio errato e cioè che la Grande Musica, come giustamente la chiama, debba e possa essere gratuita e per tutti, in ogni momento. 

I Conservatori sono sempre pieni di giovani iscritti, le sale da concerto molto meno. Cos’è che non va?

In realtà le sale da concerto vedono la partecipazione di diversi giovani appassionati. Il problema è più generale e coinvolge diverse fasce d’età. Penso che una causa possa essere anche il fatto che in Italia i concerti vengono proposti piuttosto tardi. Dopo una lunga giornata di lavoro non è facile immaginare di cambiarsi, rivestirsi, uscire e rientrare a mezzanotte. Anticipare l’orario potrebbe aiutare, creare nuove e più appetibili forme di abbonamento potrebbe ampliare ulteriormente la platea di appassionati.

A me sembra che l’educazione musicale in Italia sia drammaticamente precipitata in questi ultimi decenni. Qual è la sua posizione e, se del caso, come se lo spiega all’interno di un popolo che è stato per secoli sinonimo di musica?

Essendo io stesso anche un docente di musica e flauto posso dire che ci sono oggi alcune bellissime realtà come le Smim, le Scuole medie a indirizzo musicale, che attraggono e attirano ancora moltissimi studenti, che accorrono numerosi per fare i test d’ingresso per poter studiare uno strumento musicale all’inizio del triennio. È chiaro che il lavoro va svolto fin dai primissimi cicli d’istruzione per poter creare un alunno musicalmente consapevole. La storia della musica andrebbe poi insegnata in tutti i licei, almeno al liceo classico, questa è la mia idea. Tutti dovrebbero poter conoscere i nomi delle note, avere ascoltato almeno una volta Mozart e Beethoven, sapere la differenza fra prima e seconda scuola di Vienna, o come è fatto un violino o un pianoforte. Mi pare siano nozioni che oggi possono ben rientrare nel calderone della così detta “cultura generale”.

Corrado Ori Tanzi

presentazione il Violino Noir 2
con ensamble
Formenti con gatto
in concerto
presentazione Il Violino Noir
libro Telemann
La Musica del Re
Formenti a Radio Classica
presentazione il Violino Noir 2 con ensamble Formenti con gatto in concerto presentazione Il Violino Noir libro Telemann La Musica del Re Formenti a Radio Classica

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