A Parma nel nuovo spazio espositivo del cinquecentesco Palazzo Tarasconi ha aperto la mostra “Ligabue & Vitaloni. Dare voce alla natura” (17 settembre 2020 – 30 maggio 2021), 83 dipinti e quattro sculture di Antonio Ligabue, il controverso genio autodidatta vissuto nelle campagna Parmigiana, messe in relazione con 15 opere contemporanee di Michele Vitaloni. Protagonista è la natura, interiore, esteriore, selvaggia e imponente.
Michele, originario di Milano ora vive a Barzanò, sulle colline del lago di Como, da qui si muove per i suoi viaggi di studio e osservazione in tutto il mondo, da qui crea le sue sculture iperrealistiche di animali di ogni specie. I suoi lavori, riconosciuto a livello internazionale, sono inseriti nella corrente Wildlife Art e sono stati esposti dalla Royal Geographical Society di Londra al Padiglione Italia della 45° Biennale di Venezia. Per realizzare le sue opere si pone di fronte alla natura come un osservatore, non per riordinare non per conquistare, forse per comprendere.
Da dove viene la tua passione per il mondo animale? Come descrivi il tuo percorso artistico?
L’arte è sempre stata presente nella mia vita. Come Ligabue sono un autodidatta, l’arte mi ha accompagnato fin da bambino, parallelamente all’amore per la natura. Tutto è iniziato con l’osservazione degli animali a partire da cavallette o rane e il desiderio di studiarli e quindi riprodurli. Sul terrazzo dei mie genitori a Milano, dove sono nato, avevo il mio regno, affascinato da animali selvatici riproducevo piccole foreste e habitat per osservare da vicino la loro vita. L’esperienza di autodidatta mi ha dato una grande libertà nello sviluppo della mia pratica artistica. Ho dedicato molto tempo allo studio di materiali e alle tecniche di cui avevo bisogno. Dalle illustrazioni per Airone o Oasis, alla pittura e all’esperienza come redattore per la rivista l’ Orsa, tutto e stato importante per arrivare alla scultura dipinta ad olio che oggi è la forma che mi appaga e rappresenta.
Quale tra gli animali che rappresenti è il tuo preferito?
Nella mostra con Ligabue ho portato animali africani ma la mia vera passione sono gli uccelli acquatici, le anatre selvatiche, per i loro incredibili colori, poi beccacce, rane, insetti, il cervo volante, il martin pescatore. Questi sono stati i primi e continuano ad accompagnarmi. Poi ho allargato i miei orizzonti andando in Africa, India, Sudamerica.
Cosa ne pensi della reintroduzione dell’ orso bruno in Trentino e della protezione del lupo in centro Italia?
Ho lavorato per il WWF per 10 anni alla reintroduzione dell’anatra selvatica, lupo e orso sono più problematici nella relazione con l’uomo. Per quanto riguarda il lupo è l’attacco al bestiame la questione più complessa, progetti come LIFE infatti risarciscono i pastori che hanno avuto perdite nelle loro greggi. L’orso invece essendo onnivoro e curioso si avvicina all’uomo. Credo che il problema sia di educazione, l’uomo deve essere rieducato all’incontro con l’animale selvatico e ad avere un comportamento più corretto. Io credo che sia lupo che orso portino un riequilibrio della natura, cervi e caprioli aumentano moltissimo e la presenza di predatori aiuta l’ecosistema. Il vero problema oggi è il turismo ma è importante ricordarsi che viviamo in un ambiente naturale.
Con le tue opere vuoi stimolare questo riavvicinamento dell’uomo alla natura?
Assolutamente si, faccio la statua alla natura, celebro la sua bellezza. Nonostante sia a volte frainteso come nel caso della mostra negli spazi dell’ Armeria Holland and Holland a Londra e Parigi. Sono stato criticato ma credo che rimanere nel proprio guscio e parlare solo con chi ha le tue stesse idee non serve a niente. Preferisco cercare di educare, relazionarmi con altri mondi e portare il mio punto di vista, in quel caso ho cercato di spostare l’attenzione del cacciatore sulla bellezza di una scultura anzichè sull’animale imbalsamato … in altre occasioni mi piace pensare che sto introducendo lo spettatore ad animali particolari o strani.
Cosa ne pensi di artisti che usano gli animali nelle loro opere come ad esempio Damien Hirst o Maurizio Cattelan?
L’animale va a colpire le parti più istintuali e profonde di noi, Ligabue usa l’animale per rappresentare se stesso, la rabbia che non riusciva ad esprimere, l’animale selvaggio è una sorta di auto rappresentazione di se. Hirst invece e ossessionato dalla morte, tutta la sua opera e incentrata su questo tema. Lo squalo messo in formaldeide de “L’impossibilità Fisica Della Morte Nella Mente Di Un Essere Vivente” è mostrato nella sua immortalità, l’animale usato per rappresentare la sua ossessione. Per Cattelan invece è strumento di provocazione come nel caso del cavallo di “Novecento”…o fiabesco, come i musicanti di Brema di “Love saves life”. Ognuno ha la propria storia, io sono un artista naturalista, e questo è il mio racconto. Racconto la vita che esiste anche dentro a uno piccolo fazzoletto di terra o negli occhi di un grande animale, la mia passione da sempre..
Elisa Bozzarelli
Fotografie : ©Sergio Agosta Tota, ©Mauro Davoli, ©Walter Massari e ©Studio Vitaloni