“Freaks Out”. Fuori i freak. Il titolo del nuovo film di Gabriele Mainetti evoca per forza di cose, in chi ama il cinema, il titolo del film maledetto di Tod BrowningFreaks”. Girato tra il 1931 e il 1932, uscito nelle sale americane, mai in quelle italiane, la pellicola uscì nel ’32 dopo un calvario produttivo.

Freaks era ambientato in un circo e protagonista era un gruppo di freaks, di scherzi della natura: nani, l’uomo scheletro, una donna barbuta, una coppia di gemelli siamesi, un ermafrodita, dei microcefali e così via. Le scene più forti furono tagliate al montaggio e disperse per sempre, leggenda fuori che finirono nell’ Oceano, e il film non ebbe nessun successo.

Un circo a Roma

Anche il film di Mainetti è ambientato in un circo, più precisamente a Roma, nel 1943. Matilde (Aurora Giovanizzo), Cencio (Pietro Castellitto), Fulvio (Claudio Santamaria) e Mario (Giancarlo Martini) vivono come fratelli nel circo di Israel (Giorgio Tirabassi).

Quando Israel scompare misteriosamente, forse in fuga o forse catturato dai nazisti, i quattro “fenomeni da baraccone” restano soli nella città occupata. Qualcuno però ha messo gli occhi su di loro, con un piano che potrebbe cambiare i loro destini… e il corso della Storia. 

Dopo il successo di “Lo chiamavano Jeeg Robot“, più di 5 milioni al botteghino, a fronte di quasi 2 milioni di euro di budget, Mainetti poteva, con una logica all’americana, tentare di replicare il colpaccio, con un “Lo chiamavano Jeeg Robot 2”.

Invece ha preferito star fermo cinque anni e ora cavare dal cilindro questa storia che in parte richiama il suo film d’esordio, anche Enzo Ceccotti in “Lo chiamavano Jeeg Robot” era una specie di freak, e in parte ha ambizioni ancora più alte, mescolando echi di Fellini, di Tim Burton, della saga degli “X-Men”, esoterismo nazista e Resistenza.

Fulvio e i suoi fratelli

Chi sono i freaks di Mainetti? Fulvio è una specie di uomo lupo, coperto di peli per intero. Matilde è una ragazza elettrica, in senso letterale: il suo corpo è un accumulatore naturale. Cencio sputa lucciole e  manopola gli insetti con la mente. 

Loro e gli altri circensi sono una bizzarra famiglia al cui vertice c’è Israel, un “padre” non naturale, ma per affetto, che con loro gira l’Italia con il suo scalcinato baraccone.

Il gioco del racconto

Per Mainetti “il cinema è il gioco di raccontare storie per toccare il nostro bambino interiore. Ma bisogna restare aderenti a una forma filmica precisa, che è difficile da mantenere nel momento in cui vuoi emozionare”. 

La gloriosa Commedia all’italiana “si ispirava alla Commedia dell’arte. E quella Commedia è fatta di archetipi che le maschere sintetizzano. Nella galleria di “Freaks Out” ognuno è già visivamente una maschera, della quale dobbiamo però scoprire l’umanità sottostante e lavorare sulla tridimensionalità dei personaggi: come in “Jeeg Robot”, dove c’erano maschere tragiche che fanno ridere”.

In sala per Natale?

L’uscita di “Freaks Out”, scritto come “Lo chiamavano Jeeg Robot” con Nicola Guaglione e costato 12 milioni di euro, è programmata per il 15 dicembre. Possiamo solo sperare che per quell’epoca le sale siano aperte e pronte a farci sognare. Come prima, più di prima.

Carlo Faricciotti

Freaks Out
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