Adozione a distanza: un dono d’amore       

Ci sono realtà, storie, immagini che toccano il cuore e fanno riflettere. Per la Fondazione Francesca Rava questo difficile 2020 segna un traguardo importante: 20 anni di impegno per offrire concreto aiuto ai bambini che, in Italia e nel mondo, si trovano in condizioni di disagio. Basta entrare nel sito per cominciare un viaggio virtuale in paesi lontani e poverissimi, paesi in cui tante, troppe persone hanno bisogno di tutto. Vediamo volti, luoghi, leggiamo testimonianze di volontari, felici di poter dare il loro contributo; ci colpisce il sorriso dei bimbi, anche di quelli con i quali la vita è stata davvero poco generosa.  

Abbiamo chiesto a Paola Corno, volontaria della Fondazione Francesca Rava NPH Italia Onlus, di guidarci in questo percorso di conoscenza.

La Fondazione Francesca Rava compie 20 anni. Qual è il bilancio di questo primo, intenso periodo di impegno a favore dei bambini che in Italia e in altri paesi del mondo si trovano in situazione di povertà e disagio?

La nostra Fondazione nasce nel 2000 e da allora, con grandissimo impegno e passione, aiuta l’infanzia e l’adolescenza in condizioni di disagio in Italia, in Haiti e nel mondo. Rappresenta in Italia N.P.H.– Nuestros Pequeños Hermanos (Inostri piccoli fratelli e sorelle), organizzazione umanitaria internazionale che dal 1954 salva i bambini orfani e abbandonati nelle sue Case, scuole ed ospedali in 9 paesi dell’America Latina con il motto “un bambino per volta, dalla strada alla laurea”. Rappresenta, inoltre, la Fondazione St Luc di Haiti che riunisce i ragazzi cresciuti nella Casa NPH sull’isola. In Italia la Fondazione è attiva su tutto il territorio nazionale rispondendo, tempestivamente, alle emergenze. Nel Centro Italia colpito dal terremoto del 2016 abbiamo realizzato, infatti, ben 8 scuole, con In farmacia per i bambini in 7 anni abbiamo raccolto oltre 1 milione di farmaci per i bambini in povertà sanitaria. Quest’anno, seppur in piena emergenza Covid-19, la Fondazione compie 20 anni di attività in aiuto a migliaia di bambini. Certo, avevamo immaginato il 2020 come occasione per ricordare i momenti importanti di questi primi 20 anni, festeggiare con volontari e donatori i traguardi raggiunti grazie a tanto lavoro, proiettarci nel futuro con nuovi progetti. Ma il Coronavirus ha travolto milioni di vite, i nostri programmi, gli eventi di raccolta fondi, le missioni in Haiti e i campus nelle Case NPH, in un’emergenza mondiale che al tempo stesso ha colpito tutti noi molto da vicino. Proprio come nel terremoto in Haiti del 2010, ci siamo rimboccati le maniche e lavorando di giorno e di notte, coordinandoci con le Istituzioni e le Direzioni degli ospedali, siamo intervenuti anche in questa emergenza in 26 ospedali in 21 città e 10 Regioni, inviando volontari specializzati e donando sofisticate apparecchiature per le terapie Intensive. Inoltre abbiamo dotato i reparti Maternità Covid-19 di alcuni ospedali di attrezzature e presidi di protezione, per garantire in percorsi dedicati, massima sicurezza al parto sia alle mamme infette che a quelle che non lo sono e ai loro figli. Con il progetto di prossimità territoriale SOS Spesa abbiamo distribuito mascherine, gel disinfettanti, beni di prima necessità, devices per homeschooling ad oltre 43.000 persone tra case famiglia e comunità per minori, famiglie e anziani soli in tutta Italia. Stiamo supportando le Case NPH in America Latina e i nostri ospedali in Haiti, perché sono loro ora che hanno bisogno di aiuto. Insomma, 20 anni di intenso lavoro ogni giorno, soprattutto per portare un cambiamento duraturo nella vita di migliaia di bambini con l’istruzione, con la migliore assistenza medica, con progetti di autosostenibilità e con la formazione professionale.

Ad Haiti, uno dei tanti paesi in cui siete impegnati in prima linea, avete realizzato progetti molto importanti come case, ospedali. Queste realtà come hanno cambiato la quotidianità e il percorso di vita dei bambini orfani e abbandonati?

Haiti è il cuore pulsante della Fondazione Francesca Rava. In questo poverissimo paese l’emergenza, purtroppo, è quotidiana. Per fame, catastrofi naturali, malattie. Basti pensare che l’ospedale pediatrico Saint Damien progettato, realizzato e attrezzato dalla Fondazione Francesca Rava assiste gratuitamente 80.000 bambini l’anno, ed è il vero e unico punto di riferimento di tutta l’isola, un luogo che ispira serenità e garantisce cure da primo mondo e dignità ai piccoli pazienti. Oltre all’aiuto immediato per l’ospedale Saint Damien, continuiamo a lavorare senza sosta per portare istruzione, formazione professionale, possibilità di posti di lavoro e progetti di auto-sostenibilità; come ad esempio accade con Francisville – città dei mestieri, con la produzione di pane, pasta, l’allevamento di galline e pesci per la lotta alla malnutrizione, un progetto di salvezza e di speranza per i bambini e per i giovani di Haiti per aiutarli ad aiutarsi da sé. 

Inoltre, grazie al progetto delle Scuole di Strada Saint Luc, vengono aiutati tantissimi bambini che appartengono a famiglie troppo povere per frequentare la scuola, per poter mangiare o per essere curati, se malati. Padre Rick, direttore di N.P.H. Haiti e Presidente St. Luc, le descrive con la parola creola “encadrement”: abbraccio di amore, accoglienza, protezione, guida per la costruzione di un futuro che questi bambini altrimenti non avrebbero. In Haiti, infatti, 1 bambino su 4 non ha accesso alla scuola primaria e 1 ragazzo su 3 è completamente analfabeta. Ogni giorno, le 35 Scuole di Strada St. Luc, che includono una Scuola Secondaria e una Scuola Professionale, accolgono 16.000 bambini tra i 2 e i 16 anni a cui viene garantito un futuro lontano dalla povertà, dando loro un’istruzione di base che consenta di accedere a scuole riconosciute e di imparare un mestiere per diventare cittadini indipendenti. 

Impiegate tante energie e risorse per promuovere le adozioni a distanza. Come fate a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’ importanza di questo tipo di aiuto?

L’adozione a distanza è un dono d’amore concreto con cui garantiamo ad un bambino orfano, abbandonato o in disperato bisogno acqua, cibo, istruzione, cure mediche, l’amore di una grande famiglia e crei con lui un legame determinante nel suo recupero. Con il costo di meno di un caffè al giorno, assicuriamo a un bambino supporto immediato e la possibilità di costruirsi un futuro migliore. Attraverso un’educazione scolastica e professionale, diventerà un adulto indipendente e un cittadino responsabile nel suo paese, spezzando il circolo di povertà. Facciamo il possibile per far sì che si diffonda sempre di più la cultura dell’adozione a distanza e lo facciamo in tanti modi diversi: come ad esempio con i nostri Campus nelle Case NPH in America Latina, dove i nostri straordinari volontari hanno la possibilità di andare a trovare il proprio bambino adottato o di scegliere l’adozione a distanza per la prima volta. Molto importante anche il ruolo dei media: informare e sensibilizzare attraverso i nostri canali di comunicazione, grazie ai quali raccontiamo bellissime storie di madrine e padrini che seguono, anno dopo anno, la vita dei loro bambini adottati anni prima, felicissimi di vederli poi pienamente realizzati nella loro nuova vita.

Qual è, ancora oggi, la situazione dei bimbi che nascono e crescono nei paesi più poveri del mondo? 

Per noi che viviamo nel mondo occidentale, pur con le nostre difficoltà, è difficile immaginare in quali condizioni possano vivere un enorme numero di bambini nei paesi poveri. In particolare ad Haiti, ho visto bambini degli slum di Citè Soleil lottare tra di loro per avere un po’ d’acqua da una bottiglietta, tirata fuori “per sbaglio” da un volontario del gruppo. Sì, perché in questi posti i bambini ti chiedono acqua. Non soldi, non regali, ma acqua. Questo mi ha sempre molto impressionato, perché l’acqua per noi è un bene così scontato che non possiamo immaginare come potremmo fare senza. Bambini che non hanno nulla, non hanno cibo e nemmeno un letto su cui dormire perché nelle loro baracche ci sono dei pagliericci, spesso fatti con cartone o con pezzi di stoffa buttati uno sull’altro, dove dorme l’intera famiglia. E quando piove, tutto si allaga perché il terreno non riesce a assorbire l’acqua, soprattutto nei mesi delle piogge. In questi giorni l’acqua arriva fino al polpaccio, ovunque. Noi volontari abbiamo spesso partecipato alla distribuzione di cibo e pasta in queste aree, camminando in punta di piedi su mattoni sparsi qua e là per evitare di inzupparci in quel fango puzzolente, ma tutte le persone e i bambini dello slum ci camminano dentro, per giorni e giorni vivono in condizioni disumane, senza avere un posto dove sdraiarsi per dormire o un piatto caldo per mangiare.

In che modo il sostegno di genitori lontani può cambiare il futuro di questi bambini?

I genitori a distanza per i bambini sono un bene prezioso, non solo perché ricevono da loro un aiuto concreto ma anche perché possono immaginare di avere una famiglia, anche se lontana, che gli voglia bene e pensi a loro.

Avere un padrino/madrina consente loro di rimanere in un ambiente protetto, studiare, giocare, insomma, di fare una vita normale. La maggior parte dei bambini che arrivano nelle Case NPH provengono da situazioni di grande povertà, degrado, spesso violenza, vivere in una Casa NPH dà loro la possibilità di crescere pensando di avere un futuro migliore, trovano amore e sicurezza e fiducia in loro stessi.

La figura del padrino/madrina per questi bambini ha una grande rilevanza, perché li fa sentire importanti e amati.

Quando cammino per le stradine all’interno della Casa di Kenscoff ad Haiti, che attualmente ospita 400 bambini fissi e altri 800 della comunità povera circostante offrendo loro istruzione, cure mediche e un pasto al giorno, la domanda che più frequentemente mi viene fatta dai bambini è: “Conosci Paolo? Conosci la Annamaria?” e via una sfilza di nomi. Quando chiedo chi sono, i bambini con orgoglio mi rispondono “Il mio padrino italiano” o “la mia madrina!” e se rispondo che no, non li conosco, loro partono con descrizioni, a volte prese da una foto che conservano gelosamente, a volte immaginarie, i più fortunati perché li hanno conosciuti di persona, sperando che io li possa riconoscere e pregandomi di portare loro i saluti ringraziandoli per tutto quello che fanno. 

Queste parole di Paola Corno ci riportano ad un commovente filmato presente sul sito. Jarvin parla come una persona matura e responsabile, ma ha solo 9 anni; custodisce con cura tutte le lettere ricevute dai suoi padrini ed esprime nei loro confronti affetto e gratitudine. Yeni Abigail , 13 anni, è ripresa con la sua madrina, arrivata in Honduras per trascorrere con lei alcuni giorni; insieme giocano a calcio, cucinano, preparano la pizza, disegnano; la ragazza dice che la sua madrina le dà tanti consigli quando non riesce a fare le cose, quando si sente un po’giù o si sente persa; racconta che l’ha aiutata con la scuola e che le vuole tanto bene. Luis è un ragazzo più grande; non ha mai conosciuto i suoi padrini, ma conserva con amore e riconoscenza tutte le loro lettere, a partire dalla prima, ricevuta 10 anni fa, quando era un bambino. 

Storie vere, di aiuto concreto, di percorsi di vita cambiati grazie al gesto generoso di tante persone. Chi può adottare un bimbo a distanza? Sul sito è spiegato in modo molto chiaro: “Un singolo o una famiglia, una classe di scolari o un gruppo di colleghi, un’azienda o un’associazione, TUTTI possono aiutare i “nostri” bambini come padrini e madrine”. Una scelta per donare amore e per riceverlo; una scelta spesso fatta da famiglie con figli, come quella di Paola. 

Che cosa comporta per due genitori e in molti casi per i loro figli accogliere un bimbo, seppure a distanza, nella propria famiglia? Che legame si instaura con questi piccoli che abitano lontano?

Io ho adottato a distanza 5 bambini ora giovani ragazzi e posso dire che è stata un’esperienza meravigliosa non solo per me, ma anche per la mia famiglia. I miei figli sono cresciuti con la consapevolezza di avere dei “fratelli/sorelle” in un altro Paese, con i quali si scambiavano lettere e piccoli doni, con il desiderio di conoscersi e di relazionarsi con loro. Mia figlia Carlotta ha fatto due missioni di volontariato ad Haiti e ha potuto conoscere di persona sua “sorella” Geda (22 anni) e i suoi “fratelli” Jude (29), Edelin (28), Philippe (20) e James (18). E’ stato un incontro molto emozionante, commovente per tutti loro e anche per me che li ho visti tutti insieme! C’è stata da subito una bella atmosfera, hanno riso e scherzato come se si fossero sempre conosciuti. 

Riuscite a seguire ed accompagnare nel tempo i padrini e le madrine che decidono di sostenere un bimbo a distanza? 

Certamente. Seguire e accompagnare i padrini e le madrine nel loro percorso di adozione a distanza è uno dei fondamenti compiti del nostro ufficio padrini. 

L’ufficio segue tutto lo scambio di letterine tra padrini e i bambini, occupandosi anche di eventuali traduzioni, invia periodicamente auguri di Natale, di Pasqua e ogni anno la pagella con i risultati scolastici dei bambini.

Esortiamo i padrini e le madrine a fare un “viaggio del cuore”, come lo chiamiamo noi, e andare di persona a conoscere i loro figliocci nei vari Paesi. Ho accompagnato personalmente numerose volte padrini nel loro primo viaggio-incontro con il loro bambino/bambina e posso assicurare che è un momento davvero meraviglioso per entrambi, qualcosa che si porta nel cuore per sempre.

Quanti bimbi, diventati grandi, hanno conquistato autonomia, indipendenza e dignità grazie ad una adozione a distanza?

In 65 anni NPH ha permesso a più di 18.000 bambini di crescere in un ambiente sicuro, protetti, curati ed amati. La grande maggioranza dei ragazzi, una volta usciti dalle Case, hanno potuto raggiungere una piena indipendenza, diventando cittadini responsabili dei loro Paesi, interrompendo così il ciclo della povertà.

Una storia su tutte è quella di Jean Francois, un ragazzo di 23 anni, nato ad Haiti, orfano di madre e padre, sopravvissuto al terribile terremoto che ha ucciso 260.000 persone sull’isola nel 2010, che si è offerto volontario in NPH per aiutare i sopravvissuti come lui, in particolare i bambini che avevano perso le loro famiglie nella tragedia. Tutto questo senza mai perdere di vista i suoi studi, il suo sogno era quello di studiare economia e andare all’università per poter contribuire al cambiamento del

suo paese. Si è laureato in economia aziendale in Oregon e grazie a una borsa di studio è approdato ad Oxford, dove è stato accettato all’Università per un master in Politiche Pubbliche! Ora è tornato nel suo paese per avviare una nuova attività sostenibile utilizzando nuove tecnologie per la produzione di energia pulita.

Ci sono storie, volti, parole che sono rimasti nel suo cuore, esperienze che hanno segnato il suo cammino? 

Ogni incontro con i miei ragazzi in Haiti e in generale con i bambini della Casa di Kenscoff, mi hanno dato qualcosa di unico e speciale. Posso ricordare James nel primo nostro incontro, lui aveva 4 anni, il naso sempre colante, le manine ghiacciate, quando mi vedeva mi si avvinghiava al collo e non mi lasciava più, dando calci a tutti i bambini che si avvicinavano a me o mi prendevano la mano. Dovevo essere la sua mamma in esclusiva per quel giorno! 

Jude mi ha scelto, era il mio primo viaggio, lui aveva già circa 15 anni e mi ha fatto da guida all’interno della Casa per tutto il giorno. Al momento dei saluti mi ha detto che lui non aveva un padrino o una madrina perché era troppo grande e nessuno sceglieva quelli grandi, cosa potevo fare? Nel viaggio successivo quando l’ho rivisto, in qualità di madrina, Jude aveva scritto una canzone appositamente per me e me l’ha cantata in un angolo di giardino, esprimendo tutto il suo amore e gratitudine. Non lo dimenticherò mai. 

Geda era una bambina timidissima, molto spaventata, non si faceva avvicinare o abbracciare, ci ho messo molto tempo per conquistare la sua fiducia. La gioia che ho provato nel mio terzo viaggio quando l’ho vista che mi aspettava dietro le sbarre del cancello e mi è venuta incontro con un abbraccio, è stata inimmaginabile.

Dopo molti anni, le storie che si accavallano nei miei ricordi e che mi hanno lasciato segni indelebili, sono tantissime. Storie di vita che non riguardano solo i bambini, ma anche le persone che lavorano per NPH in Haiti, tra queste Roseline, Nebez e Augusnell, cresciuti nella casa NPH, hanno studiato e ora occupano posizioni di rilevo nell’organizzazione e soprattutto Padre Rick, uomo speciale, anima di tutti i progetti in Haiti.

Mi hanno sempre accompagnato in ogni viaggio facendomi comprendere tanti aspetti di Haiti che non avrei potuto capire altrimenti, facendomi conoscere il Paese e la sua anima. Ogni persona che ho conosciuto lì ha una sua storia, un bagaglio che si porta dietro come un fardello, storie di vita condivise nei racconti, nell’amicizia e nell’affetto. Ognuna di loro ha segnato il mio cammino, ognuna di loro è nel mio cuore.

L’impossibilità di muoversi e di viaggiare come ha modificato il vostro lavoro e la condizione delle persone che normalmente aiutate nei loro paesi? 

L’impossibilità di viaggiare ha influito soprattutto su alcuni progetti, per esempio sui Campus di volontariato che organizziamo durante l’anno, di solito nelle vacanze di Natale, Pasqua e nei mesi estivi, con giovani volontari di tutta Italia. Non ha idea di quante telefonate, e mail, messaggi riceviamo dai nostri giovani volontari dispiaciuti per non poter viaggiare e tornare nelle Case cha hanno visitato e nelle quali tutti hanno lasciato un pezzettino di cuore. La cosa bella è che si mettono in gioco anche qui in Italia, si offrono per aiutare in qualsiasi modo. Per es. per il nostro progetto SOS Spesa, che distribuisce generi alimentari e beni di prima necessità alle famiglie bisognose, agli anziani soli e ai bambini delle Case Famiglia in Italia, ci avvaliamo dell’aiuto di 140 giovani volontari. Un squadra meravigliosa e motivata davvero unica!

Che messaggio vi sentite di dare in questo periodo pieno di incertezze e di timori?  

Io penso che il mondo si debba stringere, un paradosso in un periodo di distanziamento sociale! Le persone dovrebbero superare la paura dell’incertezza stando unite e pensando in modo solidale l’una all’altra. Quello a cui abbiamo assistito durante il primo lock down in Italia, quello spirito di solidarietà e di unione che abbiamo ritrovato in molte città, colpite in modo drammatico dal virus, lo dovremmo proiettare anche all’esterno verso Paesi che vivono in condizioni drammatiche e di emergenza da tutta la vita. Haiti è un paese in emergenza da tutta la vita. E’ passato attraverso sanguinose dittature, scontri violenti, guerre civili, ha subito uno dei terremoti più tragici della storia dell’umanità, epidemie, uragani, non possiamo dimenticare. Anche con poco si può aiutare, basti pensare che adottare un bambino a distanza con la Fondazione Francesca Rava, costa solo 85 centesimi al giorno! Esorto tutte le famiglie a pensare a questo come a un dono da mettere sotto l’albero, un dono d’amore.

La testimonianza di Paola Corno ci accompagnerà in questo Natale così diverso per tutti, un Natale che forse potremmo rendere speciale anche decidendo di accogliere nella nostra esistenza, pur a distanza, un bimbo orfano, abbandonato o con un bisogno disperato di ricevere aiuti di prima necessità, di prenderlo per mano e accompagnarlo nel viaggio della vita, un percorso che per noi, come per tante altre persone negli anni, potrebbe rivelarsi veramente straordinario. 

Lidia Cimino

Paola Corno con i suoi bambini
Paola Corno
HAITI Paola Corno
Paola Corno
Paola Corno con i suoi bambini Paola Corno HAITI Paola Corno Paola Corno

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