«È un momento molto importante per te. L’intervista significherà molto più di quanto tu possa comprendere adesso.» Così l’8 settembre 1980 Yoko Ono accolse David Sheff nel triplo appartamento al settimo piano del Dakota Building, il palazzo residenziale che sorge all’1 West 72nd Street dell’esclusiva Upper West Side di Manhattan, dove la coppia Lennon & Ono viveva dal 1973.
L’occasione era un’intervista per Playboy che, dopo le memorabili pagine coi virgolettati di Gabriel García Marquez, Bob Dylan, Martin Luther King, Vladimir Nabokov, Stanley Kubrick (e il catalogo segue corposo), aveva individuato nell’ex Beatles e nell’artista d’avanguardia il nuovo colpo editoriale.
Parole profetiche
Quel lungo dialogo prende ora la forma di “All We Are Saying” (Einaudi, pagg. 312, euro 19), un volume da cui il dramma che di lì a tre mesi si sarebbe consumato sui gradini del portone d’ingresso del palazzo in una delle più notti più buie della storia dell’arte viene se possibile ancora più amplificato a distanza di quarant’anni.
Profetiche le parole di Yoko Ono all’autore. Quell’intervista sarebbe stata l’ultima di Mr. Imagine e lette a così tanta distanza di tempo costituiscono una summa, per quanto possibile, della visione di Lennon della sua vita passata, presente e futura. Soprattutto futura perché nel suo discorrere il musicista fa spesso riferimento al suo mondo che verrà. Un “dopo da ora” che non avrebbe superato i 90 giorni, ma che nella sua testa sarebbe stato carico di un’energia che non si sarebbe esaurita presto.
Nessuno riesce a controllarmi
Nero su bianco in primis ciò che Lennon non sarebbe diventato. Un uomo trasformato nello stereotipo di se stesso. Come, lui sosteneva, era ormai Pablo Picasso («Non voglio togliere nulla al suo grande talento, ma negli ultimi quarant’anni non ha fatto che ripetersi»). O come sarebbero diventati gli stessi Beatles se non si fossero sciolti («Ci pensavo dal ’65, quando smettemmo di fare i concerti»).
Quindi, senza mezzi termini, la difesa di Yoko come donna e compagna («Appena l’ho incontrata con i ragazzi è finita, solo che i ragazzi erano famosi, non erano semplicemente amici del bar») e della sua stessa indipendenza dopo anni di articoli scritti col fango sulla supposta circuizione dei soliti noti Brian Epstein, George Martin fino alla stessa Ono («Io sono incontrollabile»).
Non camminerò più sulle acque
Se le parole riescono a incorniciare un’anima, nel libro è possibile cogliere pennellate dello spirito dei due artisti, dalla dolcezza verso il figlio Sean alla capacità di trovare sempre un punto di ripartenza dopo ogni infausto giro del destino, dalla volontà di costruire un rapporto equilibrato di coppia e non sbilanciato a causa del mito di uno dei due alla determinazione a impegnarsi per un modello di società migliore.
Con un bel faro a puntare la navigazione verso il futuro, senza cedere alle seduzioni dell’eroico passato. Come l’illusorietà di una ricostituzione dei Fab Four, di cui peraltro analizza e stronca pezzo per pezzo tutte le canzoni più celebri: «Dobbiamo di nuovo moltiplicare il pane e i pesci? Dobbiamo camminare di nuovo sulle acque perché un bel po’ di idioti la prima volta non l’hanno visto o quando lo hanno visto non ci hanno creduto?».
Poi sarebbe arrivato un pazzo demente, armato di pistola.
Corrado Ori Tanzi