È sparita in un battito di ciglia e il suo valore sulle piattaforme in rete è salito alle stelle (su ebay ha raggiunto i 2.100 euro). Stampata in edizione ultra limitata ecco la” 50th Anniversary Collection 1970” di Bob Dylan, triplo disco confezionato dalla Columbia per ovviare alla legge europea sul copyright che stabilisce che le registrazioni diventano di pubblico dominio 50 anni dopo la loro creazione se non sono state ufficialmente pubblicate da chi ne detiene i diritti.
Dal 2012 la Columbia si è messa ai ripari da controversie legali nel Vecchio Continente per far ripartire la lancetta del mezzo secolo e ora è toccato alle leggendarie sessioni con George Harrison del 1° maggio 1970 e a quelle che avrebbero poi dato vita a “New Morning“.
Bobcat all’assalto
Sia chiaro, gli inediti per i collezionisti più arditi si contano sulle dita di una mano, da decenni gli acetati, le prove in studio e quelle private a casa di Dylan girano a conio pesante, ma è anche vero che solo una piccola parte della vasta platea del Premio Nobel per la Letteratura 2016 possiede praticamente tutto del Bardo di Duluth (anche se poi col digitale immaginate la diffusione planetaria delle registrazioni pirata).
Il triplo disco presenta perle di indubbio interesse e su Expecting Rain, il sito più celebre che raccoglie i Bobcat di tutto il mondo, è partita l’abituale discussione facendo le pulci su ogni virgola dell’uscita, compresa la precisione delle date riportate (l’imperizia storica è cosa cognita quando si tratta di mettere mano allo smisurato materiale dylaniano tanto da parte tanto dell’autore stesso quanto dei compilatori). E se storicamente non si può che sottolineare la possibilità finalmente dell’ascolto di “Ain’t Me Babe” in duetto con l’ex Beatles, versione da sempre araba fenice sopra cui si vaneggiava quando si toccava l’argomento dell’incontro tra i due amici, da quello più specificamente musicale i momenti sono altri.
Una serie di perle
Dal punto di vista più strettamente musicale, da Intrumental #1è possibile cogliere Dylan girare su un bridge che poco più tardi avrebbe utilizzato in “Tough Mama” su “Planet Waves” (1974), le versioni di “Lily Of The West“, canzone già al limitare dell’incanto sullo spurio Dylan del 1973, diventano qui meraviglia assoluta col loro incedere da inno, quella lentezza in stile Pat Garrett & Billy The Kid, di cui qui anticipa appunto cadenza e mood sonoro. Le trasposizioni a tempo funky di “Went To See The Gipsy” riescono a essere più coinvolgenti di quella poi scelta per “New Morning” e la versione rock di “Alligator Ma”n (tre take registrate nel 1970 ma pezzo mai incluso nel canzoniere ufficiale di Dylan) è una sorta di back to the roots alla doppia epifania elettrica del 1965 (Bringing It All Back Home e Highway 61 Revisited per intenderci).
E nel futuro?
Ora attendiamoci una nuova 50th Antology Collection dopo queste prime sei. Magari già nel 2021, visto che il “Greatest Hits vol. 2” (conosciuto anche come More Greatest Hits) uscito nel 1971 avrà lasciato fuori qualcosa. Oppure nel 1974, l’inizio del terzo periodo aureo di Dylan. “Planet Waves” e il tour con la Band sono scrigni d’oro. Pregando che nei nostri portafogli non siano rimaste le sole carta d’identità e tessera sanitaria.
Corrado Ori Tanzi
[…] caratterizzata dalla caparbia analisi di ogni dettaglio riguardante la vita, l’arte di Bob Dylan o di chi gravita nella sua orbita, seguita da una folla di seguaci in tutto il mondo. Questa la […]