«Quasi sempre, chi scrive o legge racconti dell’orrore è nato nella paura. Quando ho scoperto le opere di Lovecraft e Poe ho identificato immediatamente la paura da cui sorgevano e l’ho accolta. Anziché cercare la pace nella vita, ho aggravato la paura. E l’ho aggravata ulteriormente lasciandomi sedurre dagli aspetti più morbosi e spaventosi dell’esistenza. Mi spiace non aver cercato la pace anziché la paura, ma non sono stato abbastanza saggio o lungimirante.»

La vita è una cospirazione

Così sentenziò Thomas Ligotti in una delle rarissime interviste concesse nei suoi 67 anni di vita. Si sa così poco di lui che a un certo punto la sua stessa esistenza passò attraverso il sospetto che si trattasse di un nom de plume da tenere nascosto per l’insostenibile pensiero espresso nei suoi libri. Invece esiste. anche se non lotta insieme a noi. Anche se in rete la ricerca iconografica non dà che qualche sfuocato risultato, anche se non si fa vedere in pubblico, anche se fuori dai libri (Nato nella paura, il suo più recente titolo da noi edito da Il Saggiatore), parla solo attraverso le email. 

Se il Re dei maledetti si chiama Peter Wessel Zapffe, l’antinatalistico per eccellenza, Ligotti ne è lo studente più seminale. Un cospicuo numero di titoli di narrativa (Nottunario, Teatro grottesco, I canti di un sognatore morto i più emblematici) e un saggio, La cospirazione contro la razza umana, da cui Nick Pizzolatto pescò a man bassa per creare la figura di Rust Cohle nella prima stagione di “True Detective“, attirandosi le ire dei seguaci di Ligotti.

Nihilismo accelerato

Chi confida nella vita ritenendola bene prezioso meglio non legga le sue pagine. Fanno male. Ci insinuano il dubbio che i nostri pensieri sono i primi nemici di noi stessi e che faremmo meglio a indirizzarli alla tragica riflessione che la nostra sfida alla sopravvivenza è atto sciagurato, sventurato come la nostra coscienza che, invece di farsi condurre dall’ottimismo della volontà, dovrebbe portarci a guardare l’esistenza come la madre di ogni insensatezza.

La sua visione è un’accelerazione del pensiero nihilista che attraversa Schopenhauer, Dostoeveskij, Cioran, Thacker, Lovecraft con l’aggiunta dell’autoinganno incorporato nel nostro immarcescibile aggrapparci alla vita.

Dal Caos al Nulla

Nelle sue storie l’uomo divora l’uomo, è il corruttore che inganna se stesso, buttato nel caos ontologico del mondo reale senza averlo chiesto dentro cui galleggia attraverso una somma di illusioni che gli permettano di tirare avanti finché verrà abbracciato dal Nulla. 

Definirlo come autore horror è semplificazione che serve al massimo per collocare in libreria i suoi testi. Certo, i modelli di quel tipo di letteratura ci sono tutti, ma altra cosa è l’orrore che descrive, intollerabile perché non creato attraverso architetture narrative. I suoi personaggi sono marionette che credono di costruire la realtà con il loro libero arbitrio e non si accorgono di essere agiti da una corrente che li trapassa. 

Fa paura accogliere Ligotti. E non siamo obbligati a farlo, per carità. Ma crasso sarebbe l’errore di licenziarlo come folle ispiratore di sette votate al suicidio collettivo. Perché, per quanto disumano e antinaturale, la sua conoscenza è un’occasione per l’essere discente di affrontare le tenebre. E sfidare con nuove armi il nemico più oscuro.

Corrado Ori Tanzi

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