Nell’infinito Libro della Lettura ci sono personaggi che non solo sono sfuggiti al proprio autore, ma si sono dileguati fuori dal libro di appartenenza entrando in nuovi romanzi con le vesti più varie.

Non semplici citazioni, ma ruoli creati ex novo dagli scrittori di turno che, nel rispetto o meno della storia originaria, hanno loro conferito nuova aurea rendendone ancora più granitico il carattere di eponimi nel mondo.

L’immortale Cavaliere ingegnoso

Ulisse, Achab, Madame Bovary, Amleto, Gregor Samsa, Iago, Dorian Gray, Sherlock Holmes, Dracula, Frankestein, per quante righe si potrebbe andare avanti. A ben riflettere, il personaggio che non conosce crisi come fonte d’ispirazione è Don Chisciotte della Mancia, arrivato alla tavola dei lettori nel 1605 (I parte) e nel 1615 (II parte). 

L’ingegnoso hidalgo ben presto uscì dalla proprietà del suo autore, Miguel de Cervantes Saavedra, tanto che quando l’intera opera non era stata ancora terminata gli spagnoli ebbero l’opportunità di leggere il Segundo tomo del ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha, a firma di Alonso Fernández de Avellaneda (pseudonimo che ancor oggi cela la vera identità dell’autore), romanzo apocrifo così mal costruito di cui lo stesso Cervantes si fa beffe nel vero secondo volume.

Soave follia 

Parafrasando Andrej Tarkovskij per cui un film visto da mille persone sono mille film, un personaggio letterario letto da mille scrittori può diventare mille personaggi diversi. La pirandelliana iperbole si ramifica proprio nel Cavaliere dalla Trista Figura, la cui emulazione affonda gli artigli grazie agli spigoli del protagonista cervantino. 

Da secoli studiamo la sua complessità misteriosa, la molteplicità delle sfaccettature, la magmatica filosofia che ne esce da pensieri e azioni, le infinite pieghe psicologiche, la capacità di unire reale e immaginario come pezzi di pongo sovrapposti (e se fosse stato lui a dar corpo per primo al Realismo Magico?), gli infiniti richiami metanarrativi, la follia dentro cui si nasconde nient’altro che un nobile animo deciso a restar tale a dispetto dell’umorismo di cui si veste, il ruolo del sogno.

La lista del sogno perpetuo

Grandi e meno grandi scrittori hanno deciso nel tempo di prendere in mano l’errante archetipo e farne carne propria. Limitandoci alla letteratura post Ottocento ecco una breve carrellata di bei nomi: Jorge Luis Borges (Finzioni), Gianni Rodari (Don Chisciotte), Graham Greene (Monsignor Chisciotte), Alexander Powell (Quasi una fantasia), Salman Rushdie (Quichotte), Antonio Moresco (Chisciotte). Questi ultimi due usciti solo lo scorso anno.

E per non dar prova di puzza al naso non dimentichiamo i fumettisti René Goscinny e Albert Uderzo, che fecero incontrare i loro Asterix e Obelix con Don Chisciotte e Sancho Panza in Asterix in Iberia. Scomodassimo musica, teatro e cinema entreremmo in un pericoloso labirinto.

Non penso ci sia un mistero attorno a questa proliferazione. Don Chisciotte è colui che fa la realtà a discapito della realtà stessa. Non dite che non è un po’ (o tanto) anche il vostro sogno. Che tutto il mondo sia per voi ciò che rimandano i soli vostri occhi non l’interpretazione (e quindi la conoscenza) che i suoi elementi danno all’uomo sano e savio. Voi, architetti del nostro intimo caos senza che a qualcuno venga in mente di chiedere il Trattamento Sanitario Obbligatorio. 

Egregio Cavaliere, continua a portarci via.

Corrado Ori Tanzi

Don Chisciotte della Mancia
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Don Chisciotte della Mancia
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