Da martedì 24 novembre a venerdì 18 dicembre 2020 si è svolta la quarta edizione di “Occidente verso Oriente”, una manifestazione organizzata dal pianista, clavicembalista e musicologo Roberto Satta e dal sociologo Adel Jabbara dell’Associazione Art di Bolzano. Il focus di questi eventi, condotti da diversi esperti nelle proprie materie e discipline, è stato il confronto tra la cultura europea e occidentale con quella cinese e giapponese.

Il ciclo di conferenze, che quest’anno si è svolto interamente online, è stato un’occasione non solo per scoprire alcuni aspetti semi-sconosciuti di queste affascinanti culture, ma anche e soprattutto per scoprire quanto l’Occidente abbia effettivamente influenzato la società, la politica e l’arte in senso dei paesi asiatici.

“La musica occidentale e cinese in Cina: breve excursus storico dal Novecento ad oggi” del maestro Enrico Sartori

Martedì 24 novembre si è svolta la prima conferenza di “Occidente verso Oriente”, che aveva come tema la musica occidentale e cinese. Questo primo incontro virtuale è stato tenuto dal Maestro Enrico Sartori, musicista torinese e direttore d’orchestra trasferitosi in Cina nel 2017. Durante l’esposizione, il Maestro ha evidenziato come la musica colta occidentale sia diventata per la Cina un elemento estremamente importante.

Storicamente, l’arrivo della musica classica europea risale al XIX secolo, dopo le pesanti sconfitte subite durante le Guerre dell’Oppio. Capendo di aver bisogno di una riforma militare, l’Impero in declino ha guardato agli eserciti occidentali e ha notato la presenza della banda militare per tenere alto il morale delle truppe. Da quel momento, ha deciso di creare complessi di musicisti che suonassero brani colti occidentali con strumenti tipicamente europei, sancendo ufficialmente l’ingresso della musica classica occidentale nella società cinese.

Dopo aver presentato il quadro storico, sociale e culturale, sono state fatte tre osservazioni. Non esisteva un sistema nazionale per l’insegnamento musicale: chi voleva imparare a suonare uno strumento (internazionale o locale) doveva trovare un maestro e il rapporto era solo bivalente, perché non esistevano ne conservatori né università. In secondo luogo, la musica cinese ha una scrittura diverso quella occidentale e non annovera strumenti a tastiera: tutti gli strumenti sono percussioni, fiati o a corda. Infine, la musica seguiva prevalentemente una tradizione orale: i musicisti imparavano ascoltando, piuttosto che leggendo, e di conseguenza la musica moriva con gli interpreti, dato che i musicisti imparavano imitando i maestri.

Alla luce di queste osservazioni, il Maestro Sartori ha raccontato, infine, la nascita delle orchestre, dei conservatori e delle università musicali in Cina, arrivando ai giorni nostri. Oggigiorno, infatti, la musica è estremamente importante per l’istruzione dei giovani, in quanto in molti casi rappresenta la discriminante per essere ammessi a scuole e università prestigiose. Se, infatti, gli alunni raggiungono un punteggio molto alto nei test di fine anno per l’ammissione a determinati istituti, l’elemento determinante per scremare le candidature è l’attività musicale. Per questo motivo, i bambini vengono spinti fin da piccoli a imparare a suonare uno strumento e a partecipare a quante più competizioni possibile per raggiungere quei traguardi che saranno fondamentali per guadagnarsi l’iscrizione agli istituti e agli atenei più importanti.

“La nascita della letteratura cinese moderna e l’orma dell’Occidente” della professoressa Alessandra Lavagnino

La seconda conferenza, “La nascita della letteratura cinese moderna e l’orma dell’Occidente” si è tenuta venerdì 27 novembre. In quest’occasione, la relatrice è stata la professoressa Alessandra Lavagnino, docente di Lingua e di Cultura Cinese presso il Dipartimento di scienze della mediazione linguistica e studi interculturali, direttrice del CARC, Contemporary Asia Research Centre, e direttrice dell’Istituto Confucio presso l’Università degli studi di Milano, nonché fondatrice e membro del Consiglio direttivo della Classe Estremo Oriente dell’Accademia Ambrosiana. 

Il titolo dell’intervento era La nascita della letteratura cinese moderna e l’orma dell’Occidente, che evidenzia già di per sé il tema principale della conferenza: quanto la letteratura cinese sia stata influenzata, nei secoli, dall’Occidente. Durante la serata, la professoressa ha ripercorso le tappe salienti della storia della letteratura cinese fino alla contemporaneità, soffermandosi sugli snodi nevralgici dei diversi cambiamenti avvenuti a livello umanistico-culturale. In particolare, uno dei momenti più importanti in questo senso è stato individuato all’inizio del Novecento, quando alcuni letterati cinesi illuminati hanno iniziato a sostenere che la lingua non dovesse essere solo colta, d’élite, bensì un collante per il popolo. 

Per far sì che questo accadesse, sarebbe stato necessario divulgare alla stregua delle opere letterarie anche scritti in una lingua “volgare”, ovvero quella parlata, popolare, la più diffusa in Cina. Per teorizzare questo concetto, gli intellettuali del tempo hanno preso come riferimento proprio un celebre personaggio occidentale: Dante Alighieri. Dall’inizio del ‘900, quindi, gli uomini di lettere non solo si sono impegnati per divulgare questo concetto con i primi giornali pubblici stampati, come La Jeunesse, ma hanno anche iniziato a metterlo in pratica scrivendo e traducendo opere che esulavano dal classicismo, in quanto erano scritte in un linguaggio più semplice, chiaro e comprensibile al popolo.

“Quale Oriente? Quale Occidente? Centocinquanta anni di intrecci storici e culturali fra Italia e Giappone” del professor Marco del Bene

Venerdì 4 dicembre ha previsto che il professor Marco del Bene, docente di Storia del Giappone moderno e contemporaneo del dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali/ISO dell’Università Sapienza di Roma, esponesse un intervento dal titolo Quale oriente? Quale occidente? Centocinquant’anni di intrecci storici e culturali tra Italia e Giappone, arrivando a dimostrare come il modo in cui il paese del Sol Levante rappresenta sé stesso è diventato eurocentrica. Il Giappone, infatti è l’unico paese dell’Asia orientale riuscita ad abbracciare la modernità rappresentata dall’Europa e a farla propria, diventando un paese moderno secondo le regole stabilite in Occidente. 

Il professor del Bene ha ripercorso la storia giapponese suddividendola in diverse “ondate”, a seconda degli eventi che caratterizzano i diversi periodi. Quest’analisi è partita dal VI secolo, quando è stato adottato il modello sociale e culturale cinese dall’aristocrazia dell’epoca, passando per la fase del dominio della classe guerriera, le invasioni mongole, il dominio dell’Impero Edo e la Restaurazione Meji, per arrivare all’orientalismo europeo e, infine, alla contemporaneità, evidenziando le diverse similitudini con l’Italia.

In particolare, ha dimostrato come dal 1860 al dopoguerra, le storie del Giappone e dell’Italia, due paesi sempre arretrati nello sviluppo tecnologico e al confine della cortina di ferro tra capitalismo e comunismo, abbiano intrecci storici molto simili. Il Risorgimento del Bel Paese è concettualmente vicino alla Restaurazione Meji; il Fascismo ha molti elementi in comune con il fascismo imperiale giapponese Tennōsei Fashizumu; l’alternanza tra PCI e DC somiglia al Sistema del 55, simile a Democrazia Cristiana, ma che prende una vasta area di sinistra. Infine, il berlusconismo ha delle somiglianze impressionanti al koizumismo del primo ministro Jun’ichirō Koizumi per via della connotazione mediatica e della spettacolarizzazione della politica legata al singolo individuo che entrambi hanno introdotto.

“Rivoluzione culturale e Hong Kong: due labirinti cinesi” del professor Alessandro Russo

La conferenza di venerdì 11 dicembre, dal titolo Rivoluzione culturale cinese e Hong Kong: due labirinti cinesi, ha visto il professor Alessandro Russo, docente di Sociologia Generale presso l’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, ripercorrere la storia contemporanea politica e del lavoro in Cina, soffermandosi sulla Rivoluzione culturale cinese e sul modo in cui, negli ultimi decenni, questo enorme paese sia diventato estremamente competitivo sul mercato.

Il relatore ha fatto notare come la Cina si sia trovata spesso in situazioni di stabilità che puntualmente hanno avuto punti di rottura, con tanto di momenti di tumulto e instabilità, per poi tornare alla tranquillità. Questo paradigma ha sempre avuto luogo per via della doppia autorità cinese, costituita da quella impositiva e prescrittiva del capitalismo e quella interdittiva del comunismo. Sono due realtà agli antipodi, ma garanti della stabilità del paese, se coesistono parallelamente. Basti pensare al periodo della rivoluzione culturale degli anni ’60-‘70 per avere una rappresentazione di tale andamento storico.

Proprio a proposito di questo periodo complesso e movimentato della storia cinese, nei confronti del quale la Cina ha un atteggiamento di integrale negazionismo, si sono ripercorsi i tentativi di studenti, operai e politici di trovare un’alternativa radicale alla regola capitalistica del mondo moderno. Dalle organizzazioni politiche indipendenti studentesche alle contestazioni dei lavoratori che mettono in discussione l’equilibrio del partito stato correlato alla classe operaia, fino ad arrivare persino alla spinta dello stesso Mao Zedong a ripensare l’intera esperienza del socialismo moderno, che in quel periodo era in bilico su sé stesso, conclusosi alla morte dello stesso presidente con la restaurazione di una regola capitalistica ancora più severa sostenuta dall’autorità del partito comunista. In ultimo, si è analizzata la realtà a sé stante di Hong Kong, che rappresenta un mondo a parte costituito da una pluralità di identità inimmaginabile.

“La letteratura cinese: temi, correnti e protagonisti” della professoressa Stefania Stafutti

Arrivati a martedì 15 dicembre, è giunto il turno della professoressa Stefania Stafutti, docente di Lingue e Letterature della Cina e dell’Asia sud-orientale dell’Università degli Studi di Torino: La letteratura cinese: temi, correnti e protagonisti. Tale intervento si è focalizzatosullo sviluppo della letteratura cinese moderna e contemporanea post fondazione della Repubblica Popolare Cinese. La Nuova Cina, infatti, ha proposto un’idea di cultura che ha influenzato lo sviluppo letterario fino alla fine degli anni ’70. La particolare concezione dei beni culturali si sviluppa all’inizio degli anni ’40, quando Mao Zedong ha pronunciato il suo discorso sulla letteratura e sull’arte, che per il capo dello stato devono avere una funzione didattica e didascalica.

Il periodo in cui sono state fatte queste dichiarazioni, però, era caratterizzato da un tasso ancora molto alto di analfabetismo popolare. L’intenzione del leader era, infatti, proprio quella di spronare e incuriosire i cittadini ad approcciarsi alla cultura, intento che ha richiesto il dispendio di enormi risorse economiche per pensare a un progetto scolarizzazione di massa. La professoressa ha, però, sottolineato che, sebbene quest’operazione del governo fosse sintomo di un reale interesse nell’elevare il livello culturale dei concittadini, dall’altro una così forte connotazione politica dell’arte ha portato molti intellettuali attivi da prima del 1949, anno d’inizio della Nuova Cina, a scrivere sempre meno, soprattutto opere creative. Non riuscivano, infatti, ad adattarsi all’idea che la letteratura dovesse essere uno strumento del socialismo.

La relatrice ha, poi, analizzato tre tra i principali autori particolarmente significativi della narrativa cinese, Ba Jin, Lu Xun e Lu Wenfu, alcuni degli letterati il quale operato risale al periodo pre-rivoluzione culturale i più celebri scrittori contemporanei, che tramite i loro testi incarnano le molteplici sfumature e descrivono le complessità e le contraddizioni della Cina, per poi terminare accennando a quegli autori cinesi che vivono in Italia e che raccontano la loro vita da immigrati e lavoratori.

“Il racconto orale giapponese” del maestro Fabrizio Sandretto

L’ultimo appuntamento del ciclo di conferenze online Oriente verso Occidente ha visto la partecipazione straordinaria del maestro Fabrizio Sandretto, pianista non vedente appassionato alle lingue inglese, francese, tedesco, russo e giapponese, nonché traduttore. Il maestro ha raccontato la sua personale esperienza nell’ambito dell’apprendimento del giapponese, essendo il primo non vedente occidentale a studiare questa lingua. Tale studio ha richiesto estremo impegno sia da parte sua, sia da parte della professoressa di lingua e cultura giapponese che lo segue dal 2001, sia dell’Università di Torino, che ha predisposto delle tecnologie informatiche appositamente per permettere al maestro Sandretto di studiare.

Durante l’intervento, sono state raccontate quattro diverse fiabe giapponesi con le rispettive morali, che sono state tradotte dalla lingua originale dallo stesso relatore: La scimmia sulle montagne, La locanda dello zenzero, La gara di corsa tra tigre e lumaca e La fonte della giovinezza. Il comun denominatore del folklore di questo paese, oltre a evidenziare la semplicità della vita dell’antico Giappone, risiede nel principio che l’uomo sia messo al mondo con tutto ciò che gli serve e per vivere deve convivere con le risorse concesse dalla Natura. La narrazione è stata intervallata dall’ascolto di alcuni brani tradizionali e contemporanei, tutti eseguiti con strumenti tipici del Paese del Sol Levante.  

L’edizione del 2020 di Occidente verso Oriente, dunque, ha lasciato ampio spazio alla letteratura, alla musica e alla storia orientale, dando agli spettatori nozioni interessanti, dettagliate e precise per conoscere un continente estremamente vasto e diversificato sotto molti punti di vista. Ma non solo. 

I relatori sono riusciti a passare la propria passione per l’universo orientale al punto da fornire innumerevoli spunti preziosi per riflettere su delle culture estremamente antiche e ricche, che hanno saputo adattarsi alla spinta della modernità, mantenendo, però, la propria identità, quella che da sempre affascina l’immaginario occidentale.

Facciamo, dunque, i più sentiti complimenti all’organizzazione del ciclo di conferenze, attendendo con trepidazione la manifestazione del 2021, certi che si tratterà di un evento ancora più coinvolgente.

Valentina Geminiani

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