Torna Attica Locke e con lei torna il ranger Darren Mathews, qui alla sua seconda indagine dopo la vicenda narrata in quel Texas Blues, il titolo che ha sancito la bravura di questa scrittrice e sceneggiatrice di Houston ma di stanza a Los Angeles, afroamericana con una storia di sopportazione razziale in quel Texas che ha dimostrato quanto l’integrazione (chiedere a Joe R. Lansdale) sia sempre un faticoso e tragico mestiere in cui il genere umano dimostra tutta la sua imperfezione.
Oggi è il turno di Black Blues (Bompiani, 336 pagg., 18 euro) e il caso che ci si para davanti è ancor più penoso di quello risolto nel titolo precedente.
È scomparso un bambino
Primo perché c’è di mezzo un bambino e quando c’è di mezzo un bambino chi scrive e chi legge si trova a dover procedere come un elefante in una cristalleria. E poi perché a Darren Mathews il fatto di indossare una stella dei ranger non lo fa apparire una persona migliore agli occhi degli affiliati della Fratellanza Ariana. Il colore della pelle continua ad avere un peso. Neanche se il suo compito è cercare la verità sul destino di Levi King, nove anni, da qualche ora sparito da solo sulla barca del nonno nelle acque del lago Caddo.
Sera d’inverno a Hopetown. La madre Dara lo aspetta. Arrabbiata ma lo aspetta. L’ottimismo della volontà la convince che il piccolo sia ancora in vita. La polizia locale si fa aiutare proprio da quel ranger nero dotato di un intuito e un’intelligenza che di raro si sono viste da quelle parti.
Ad aumentare il carico di tensione è la situazione del padre del bimbo. Bill King sta scontando in prigione una condanna per aver ucciso un uomo nero ed è un membro della Fratellanza di cui sopra. Un razzista tutto d’un pezzo. Per il ranger Mathews non smette di abbracciarlo con tutta la sua pesantezza.
Sapiente scrittrice
Conta il fatto e l’alchimia per sbrogliarlo. Conta il set dentro cui entriamo da spettatori. Il pezzo di Texas raccontato ci arriva con le sue paludi, i bayous, i profumi della sua cucina, l’aria che entra nelle narici. La musica. Tanta, tantissima musica. Blues, zydeco e Lightnin’ Hopkins in prima fila.
Ma se conta tutto questo significa che la mano che gli dà valore e profilo è governata sapientemente da un talento narrativo preciso. La scrittura procede sempre compatta e a pieno ritmo, i dialoghi perfetti per tono e colore, linguaggio e azioni danno forma e anima all’odio come meglio non potrebbero rappresentare, per le emozioni e l’indottrinamento dei protagonisti l’autrice prepara un ring senza arbitro e secondi.
Linguaggio naturale
Un romanzo brutale che non contiene una goccia di violenza costruita. Brutale perché è brutale l’America che si appresta a salutare il tycoon con i capelli arancio-zucca alla Casa Bianca. E la notizia che un bambino sia stato inghiottito nel nulla del lago Caddo si sposta piano piano dal centro pagina a un luogo più vicino al margine.
Corrado Ori Tanzi