Il problema di Jean è che non sa imporsi. Decidono gli altri per lui. Le zie Hortense ed Émilie che lo hanno allevato, la moglie Marthe, il medico, chiunque gli si ponga sul suo cammino e abbia a che fare con lui. 

E non che Jean sia uno stupido. Affatto. A 28 anni tira avanti la fattoria al Coup de Vague, commerciando in ostriche e cozze che i mitilicoltori raccolgono nell’Atlantico, guida una motocicletta di prim’ordine, gioca a biliardo con giudizio. Ma è un ragazzone attorno al quale gli altri costruiscono la sua vita.

Ha messo incinta Marthe, ma l’aborto è avvenuto a sua insaputa con l’ausilio delle zie. L’ha sposata ma la decisione non è stata sua e l’idea di lasciare azienda e paese per la città, la vicina La Rochelle, la donna non la condivide con lui ma con una sua amica. Hortensia ed Émile gli organizzano anche le mansioni minime che lui esegue con la convinzione di essere autore del suo destino. Ma la sua opinione mai che venga richiesta. 





Un romanzo feroce

La fattoria del Coup de Vague (Adelphi, 141 pagg., 18 euro) è uno dei romanzi più feroci di Georges Simenon. Pur nella sua sottigliezza (di pagine) la storia è un cielo nerissimo a mezzogiorno. Perché Jean matura piano piano la coscienza della sua condizione. Percepisce di essere diventato un burattino che divide la sua vita con una donna per la quale sente solo umana pietà per la sua cagionevole salute sotto il grande ombrello di due donne che forse non sono quello che lui ha sempre saputo. 

Una volitiva e granitica (Hortensia) e l’altra con la “faccia da suora”. Jean mette insieme micro pezzi di un puzzle che non riesce a terminare pur lasciandogli più la certezza del dubbio di non essere loro nipote, ma figlio. Ma di chi? Forse basterebbe chiederglielo.





Nero Simenon 

In questo suo abbandonarsi passivamente alla situazione, in lotta con momenti di furore interno che gli scardinano ogni equilibro, s’inerpica la crudezza di uno scritto che non nasconde la sua durezza. Per raccontare la malignità di un’esistenza non bisogna necessariamente affidarsi a demoni, fantasmi, mutaforme e jinn, basta aprire gli occhi sulla realtà più modesta.

Simenon lo fa con la sua consueta scrittura immediata che prende per mano il lettore e lo porta dove non vorrebbe essere portato per paura di conoscere quello che già intimamente prevede di sapere. 





Cara, dolce pavidità

E cioè che dove regnano meschinità, menzogne, ricatti, rancori, bassezze e melma del genere, dove la grettezza e l’ottusità del circostante umano sono regnanti secolari è necessario avere il coraggio di decidere per costruirsi una vita per lo meno degna. Che poi è quello che davvero conta. Bisogna saper scegliere se agire e reagire o accomodarsi tra i guanciali della pavidità. Per un buon sonno.

Corrado Ori Tanzi

220px-Georges_Simenon_(1963)_by_Erling_Mandelmann
SONY DSC
220px-Arnoldo_Mondadori_e_Georges_Simenon_archivi_Mondadori_AA205605
Simenon_Milano_1957
Georges_Simenon_(1965)
cover
220px-Georges_Simenon_(1963)_by_Erling_Mandelmann SONY DSC 220px-Arnoldo_Mondadori_e_Georges_Simenon_archivi_Mondadori_AA205605 Simenon_Milano_1957 Georges_Simenon_(1965) cover





 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *