Se pensate di poter capire in una vita cos’è la musica, certo non arriverete mai a una soluzione. Allo stesso modo se restringete le pretese e scegliete un solo genere: arriverete allo stesso risultato. Se per esempio vi concentrate sul blues la vita non vi basterà per capirne il senso; anche perché con esso dovrete di certo approfondire la musica africana, ed entrare nel contesto di un intero continente è un compito inattuabile.
Tradizione e musica
Certamente molto importante, anche per la diffusione in Europa, è la musica che arriva dal Mali, resa famosa da eventi, databili tra la fine del XX secolo e i primi anni di quello successivo, come la produzione da parte di Ry Cooder di un disco di Ali Farka Touré, la partecipazione di Robert Plant al “Festival au Désert” a Essakane, il documentario Dal Mali al Mississippi, firmato da Martin Scorsese, e molto altro ancora.
In questa nazione subsahariana l’importanza della musica è fondamentale, e sarebbe troppo lungo sviluppare in modo esaustivo l’argomento. Si sappia che nella loro tradizione ai “griot” (che potremo in modo facile accostare a una sorta di letterati e cantori, dei cantastorie) è sempre stato riservato un posto di primissimo piano nella società; tanto da essere ancora un tratto distintivo della discendenza famigliare. Se i tuoi antenati erano griot, anche tu lo sei.
Griot e suonatore di kora
Ballaké Sissoko lo è non solo perché figlio Djelimady Sissoko (del Gambia), ma anche perché, insieme al cugino Toumani Diabaté, ha dimostrato di essere il più importante suonatore di kora. Strumento tradizionale di una parte dell’Africa occidentale, formato da 21 corde, facente parte della famiglia delle arpe a ponte, organoletticamente definita come un’arpa liuto. Ma senza troppo andare sul tecnico, si può affermare che è uno strumento dal suono preciso, pulito e suadente.
Ballaké ha iniziato a suonare la kora fin da piccolo, entrando a soli 13 anni nell’Ensemble Instrumental National du Mali, per poi diventare un solista che ha all’attivo parecchi dischi e collaborazioni importanti, come quelle con la cantante conterranea Rokia Traoré, il violoncellista francese Vincent Ségal e il compositore italiano Ludovico Einaudi
L’omaggio alla suo strumento
L’ultimo disco pubblicato da Sissoko (per l’etichetta parigina Nø Førmat!) si intitola Djourou che in bambara (lingua ufficiale del Mali) vuol dire appunto “corda”: un omaggio alle 21 che sono l’anima del suo fedele “compagno”. Registrato tra Bamako e la Francia, per questo disco il musicista maliano a voluto collaborare con diversi colleghi. Come spiega in una breve intervista al mensile britannico “Uncut” «l’idea di questo album è mostrare fino a che punto la kora può intervenire in universi musicali diversi e uscire dalle tradizioni dello strumento e usarlo per aggiungere colore ad altri stili e generi».
Il disco e gli ospiti
L’apertura dell’album vede Sissoko duettare nel brano Demba Kunde con Sona Jobarteh (anche lei suonatrice di kora, proveniente dal Gambia), e in quello successivo (Djourou) “intrecciare” e sostenere il canto di Salif Keita (una delle voci più belle del “continente nero”, tanto da essere stato nominato ”Golden Voice of Africa”). E però dal brano successivo (Jeu Sur La Symphonie Fantastique) che il progetto multiculturale da sempre portato avanti da Sissoko, trova sviluppo. Qui il violoncello di Vincent Ségal e il clarinetto di Patrick Messina si incrociano alla kora di Sissoko, per portare il capolavoro romantico di Hector Berlioz in un viaggio improbabile, ma di fascino estremo, lungo il grande fiume Niger del Mali.
Ma le collaborazioni non finiscono qui: nel brano Kora è la voce sensuale di Camille, cantante della “Nouvelle Vague” della “chanson française”, che intona una sorta di lettera d’amore per lo strumento di Ballaké. Andando ancora oltre troviamo il rapper franco-maliano Oxmo Puccino che nel brano Frotter Les Mains racconta dei “piaceri” perduti durante il lockdown, per la lontananza fisica imposta. Il cantante inglese Piers Faccini nella ballata Kadidja invece offre un’interpretazione più “mainstream”, con uno stile vocale lirico, struggente, quasi nostalgico. Il disco si chiude con il pezzo Un Vêtement Pour La Lune, in cui Sissoko spinge la sua kora in una miscela psyco-folk folle e vivace, coinvolgendo Arthur Teboul e il suo gruppo Feu! Chatterton.
Commentando l’esperienza con il musicista maliano, Oxmo Puccino dice: «Quando suona è come se le dita ballassero sulle corde. È come se stesse tessendo la musica». Ed è proprio questa abilità di creare ordito e trama che fa nascere un “patchwork” sonoro che sembra non avere luogo geografico e tempo.
Riccardo Santangelo
Fotografie : ©Benoit_Peverelli