Dopo aver suonato in alcuni dei locali più prestigiosi del mondo, Francis Bebey ha registrato “Dibiye” per Pee Wee Music nel 1996. Oltre alle sue canzoni, ha composto in particolare un’opera per flauto pigmeo e quartetto d’archi – creata con il Kronos Quartet – e la musica per il film “Yaaba” (premiato al festival di Cannes nel 1989).

Francis Bebey

Nato a Douala, Francis Bebey (1929-2001) è considerato uno dei pionieri della musica africana in Occidente. Cantante e chitarrista, fu anche poeta, narratore, cantante e grande suonatore di sanza, strumento la cui nobiltà era relativamente sconosciuta nelle nostre regioni.
Figlio di un pastore battista, fu cullato dalla musica classica occidentale, in particolare da quelle di J.S. Bach e G.F. Handel. Ha imparato il banjo, poi la chitarra, con l’ascolto del grande Andrès Segovia come sua principale influenza.
Già cronista di Radio Ghana poi per Sorafom (Société de Radiodiffusion de la France d’Outre-mer), si fa notare negli ambienti culturali parigini poco dopo il maggio 68, grazie a un repertorio poetico e musicale ispirato a canti bantu, polifonie pigmee, o musica griotica ancestrale dall’Africa occidentale.





i Libri scritti da Francis Bebey

Come scrittore ha pubblicato diversi libri, tra cui il romanzo “Il figlio di Agatha Mundio”, premiato con il Grand Prix Littéraire d’Afrique Noire (1968). Fu poi reclutato dall’Unesco per sviluppare lì il Dipartimento di Musica. Musicologo – altro talento – pubblicò nel 1969 un’opera dedicata alla musica tradizionale che fu tra le prime pubblicazioni in questo campo.

La musica

Il primo album di Francis Bebey, “Idiba”, esce nel 1972. Il vibrafonista non è altro che il suo alter ego dell’epoca: Manu Dibango. Poi, dal 1974, si è specializzato in canzoni umoristiche e satiriche, denunciando ad esempio il masochismo (che gli è valso l’ira di una parte della popolazione maschile africana). Ha vinto il Sacem French Song Prize nel 1977, prima di dedicarsi a composizioni più poetiche e “serie”, per lo più accompagnate da vari strumenti tradizionali dell’Africa occidentale.





Il Padre della World Music

Il suo lavoro, una vera e propria rete intessuta tra tempo immemorabile e il nostro tempo, lo ha fatto considerare oggi come il Padre della World Music. Nel 1984 è stato nominato rappresentante dell’Africa nell’Haut Conseil de la Francophonie creato da François Mitterand. Sempre in questo periodo registra “Africa sana” e “Sanza nocturne”, due album che verranno raccolti sotto il titolo “Psychedelic Sanza”. Alcuni hanno il potere di aprire gli occhi degli altri, di fargli vedere un paesaggio nascosto, senza insegnarglielo. Fanno qualche passo davanti, poi si fanno da parte.

Le parole di Pierre Mahey

Sono spesso narratori. Parlano, senza preoccuparsi troppo di essere ascoltati. Sanno che non puoi vivere senza una storia. La storia deve essere raccontata. Non è necessario ascoltarlo la prima volta, può rimanere sospeso nell’atmosfera. Pensavamo di sognare. Ricordiamo qualche piccolo gesto o una luce o un suono. E questo niente guadagnerà terreno. All’inizio è un racconto, un ritornello, una canzone, alcuni segni che rimangono nascosti in una piega della memoria e provocano la nostra metamorfosi. Mentre ricordiamo una ninna nanna primitiva e succinta, sentiamo gradualmente cigolare la porta di una cosmogonia. Il lavoro assume una dimensione trasformativa.

Come Amadou Hampâté Bâ, Francis Bebey ci trasmette il desiderio dell’Africa. Con un pezzo di legno, un solo foro, decodifica la musica per noi. Non solo musica africana, ma questo inesplicabile che parla dell’essenziale, che parla di vita, morte, amore e gioia. Qui stiamo toccando la musica. Quella della prima cultura, della pietra e del vento, quella che si celebra ogni giorno nei balli popolari, quella della trance, delle midinette e degli sciamani. La sua opera è un linguaggio trasversale che collega i corridoi chiusi della Torre di Babele. Francis Bebey ci dà le chiavi.





Fotografie : ©PeeWee Music

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