La genotipizzazione è il processo attraverso cui individuare il genotipo di un organismo tramite test biologici di diverso tipo. Il genotipo, termine coniato a metà del XIX secolo dal grande biologo e precursore della moderna genetica Gregor Mendel, è l’insieme di tutti i geni che compongono il DNA – ovvero il patrimonio genetico di un organismo o di una popolazione – costituito da acido desossiribonucleico. Ogni gene, singolarmente o in cooperazione con altri geni, contribuisce in maniera diversa allo sviluppo, alla fisiologia e al mantenimento funzionale di un essere vivente.

Dal sequenziamento del genoma al “microarray” di DNA 

Due delle tecniche oggi più utilizzate per studiare il genotipo di un organismo è il sequenziamento di DNA e il cosiddetto “microarray” di DNA, comunemente conosciuto come gene chip, chip a DNA, biochip o matrici ad alta densità, cioè un insieme di microscopiche sonde di DNA attaccate ad una superficie solida come vetro, plastica o chip di silicio formanti un array, dunque una “matrice”. 





Tali array permettono di esaminare simultaneamente la presenza di centinaia di migliaia di geni all’interno di un campione di DNA, che spesso può rappresentare anche tutto il genoma o anche il trascrittoma di un organismo, quest’ultimo definito dalla totalità degli RNA |acido ribonucleico| trascritti a partire da un genoma. Un utilizzo tipico è quello di confrontare il profilo dell’espressione genica di un individuo malato con quello di uno sano per individuare quali possano essere i geni coinvolti nella malattia.

La genotipizzazione con i DNA microarray trova impiego anche nella medicina forense per l’esame del DNA, nella diagnostica e in una nuova branca della farmacologia – la farmacogenomica – che studia la relazione tra diversità genetica e risposta ai farmaci, intendendo per risposta sia gli effetti terapeutici sia quelli collaterali o avversi, come avviene per esempio per i cosiddetti farmaci biologici. 





Il problema di copertura delle varianti genomiche

Ora, sebbene un’elevata copertura di sequenziamento |circa 30X| di singoli genomi sia in grado di rilevare tutte le varianti comuni e rare, presenti negli individui sequenziati, i costi per la sua attuazione sono talmente elevati che può essere preso in esame solo un numero limitato di individui. Per ovviare a questo inconveniente esistono strategie alternative di genotipizzazione in grado di fornire informazioni sull’intero genoma di migliaia di individui attraverso il sequenziamento a bassa copertura, per esempio 2-4X, e dunque tanto più economiche da rivelarsi essenziali per gli studi genetici che richiedono campioni di grandi dimensioni. 

Gli array di genotipizzazione utilizzati negli studi di associazione sull’intero genoma (GWAS), che si basano sulla codifica delle sostituzioni di un singolo nucleotide di DNA in una posizione specifica nel genoma e pertanto non “genotipizzano” direttamente tutte le variazioni nel genoma, devono a questo scopo fare riferimento ad un pannello che è stato genotipizzato per un maggior numero di varianti, aumentando così la copertura della variazione genomica oltre i genotipi originali. 

Un algoritmo per semplificare lo studio del genotipo nelle popolazioni

I microarray di genotipizzazione economici e l’imputazione con ampi pannelli di riferimento hanno reso gli GWAS trattabili nell’uomo, ma queste risorse non sono disponibili in molte specie e non sono ideali per le popolazioni umane in parti del mondo dove le popolazioni di riferimento appropriate non sono ancora state profondamente sequenziate. 





Per superare questo collo di bottiglia, imputando genotipi di alta qualità direttamente da dati di sequenziamento a bassa copertura, i genetisti e statistici dell’Università di Oxford in Gran Bretagna hanno messo a punto un algoritmo di imputazione del genotipo ricavato con il software STITCH |Sequencing To Imputation Through Constructing Haplotypes| adatto per campioni di popolazione in qualsiasi specie sequenziati a bassa copertura senza richiedere un pannello di riferimento dell’aplotipo (dal greco haplóos, singolo o semplice), termine con il quale si definisce la combinazione di varianti alleliche lungo un cromosoma o segmento cromosomico contenente loci strettamente associati tra di loro, e che in genere vengono ereditati insieme. Giusto per essere più chiari, in genetica si definiscono “alleli” due o più forme alternative dello stesso gene che si trovano nella stessa posizione su ciascun cromosoma omologo |locus genico|, con il compito di controllare lo stesso carattere ma in modo quantitativamente o qualitativamente diverso. 

Ma anche suggestione per scoprire chi fossero i nostri progenitori 

Grazie a questo modello di studio, condotto dal Prof. Robert Davies del team coordinato dal Prof. Simon Meyers e pubblicato su Nature Genetics, la pipeline di imputazione dei dati di sequenziamento viene molto semplificata, consentendo di studiare il genotipo in popolazioni in cui non è disponibile alcun pannello genotipico di riferimento o con un catalogo di varianti incompleto. Un metodo, in definitiva, che potrebbe rivelarsi particolarmente appropriato per gruppi etnici finora non soggetti a GWAS, per gruppi isolati di popolazione e per umani antichi, dove è comune il sequenziamento a bassa copertura. Il mistero della nostra progenie alla fine verrà svelato.

Giorgio Cavazzini





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