Le nostre rughe sono carte da decifrare, e quando ci incontriamo dobbiamo essere viaggiatori esperti per capire, con un solo sguardo, se chi abbiamo davanti ci dona una mappa per arrivare al suo “tesoro”, o quelle rughe sono solo un falso cammino. Non è facile, e a volte si perde la bussola e ci si ritrova in un luogo sconosciuto. Con Peppe Voltarelli questo non succede: le sue rughe, la sua faccia, raccontano e conducono, e ancora prima che inizi a cantare stai certo che il viaggio non sarà inutile.





Da Bologna al mondo

Nato a Cosenza, dal 1990 al 2005 è stato il cantante de Il Parto delle Nuvole Pesanti, band originariamente punk rock, ma anche legata alla canzone d’autore, fondata a Bologna da artisti calabresi, che si impose con brani cantati in italiano e dialetto. Dopo l’abbandono del gruppo Voltarelli decise di intraprendere la carriera solistica e quella di attore, spostandosi sempre più in terra straniera; prima in Europa e poi in Canada, Stati Uniti, Australia, Messico, Argentina, Cile, Madagascar. Viaggi ed esperienze in cui ha portato con sé la sua vena compositiva e l’impegno sociale (soprattutto contro la mafia), arricchendolo negli anni attraverso i contatti musical-culturali con gli artisti incontrati, e divenendo una sorta di ambasciatore della canzone d’autore nel mondo.





Partendo dai porti

Nel suo nuovo disco Planetario (edito da Squilibri, corredato da uno stupendo libretto con i dipinti di Anna Corcione) Peppe Voltarelli sembra voler riportare a casa un pezzo delle sue esperienze in giro per il mondo (soprattutto in Spagna e nel “continente” latino). E lo fa scegliendo da una parte canzoni e un’atmosfera da città portuali, dove l’“odore musicale” è allo stesso tempo di passaggio (ma anche permeato tra le banchine e le vie), d’altra di lotta e sofferenza. Così la track list del disco si divide in interpretazioni di alcune canzoni del repertorio di grandi artisti internazionali come Jacques Brel, Bob Dylan, Leo Ferré, Vladimir Vysotskij (ma anche Domenico Modugno), con duetti con veri e proprie icone della musica mondiale: Silvio Rodríguez, Joan Manuel Serrat, Adriana Varela, Joan Isaac, Luis Eduardo Aute, Rusó Sala.

Quindi se brani come Rotterdam, Els marines, Nel porto di Amsterdam, Ostenda, hanno come filo conduttore i porti e il mare, altri come Margalida, All’alba, Per un sentiero, sono più politici, e altri ancora toccano temi sociali (Saeta, Cavalli bradi, La prima compagnia, La Manic).





Due scelte atipiche (forse)

In questa lista di brani “impegnati”, si distaccano formalmente due canzoni: Musetto di Domenico Modugno e Winterlude di Bob Dylan. Ma è solo apparenza: infatti il primo sembra un brano spensierato e leggero, ma in esso l’autore ha voluto ritrarre i mutamenti sociali dell’epoca (era il 1955), e mettere in guardia da ogni forma di provincialismo, ironizzando sui modelli femminili alimentati dalla pubblicità e dai fotoromanzi in voga in quegli anni. Mentre il brano di Dylan, nella traduzione di Sergio Secondiano Sacchi (che ha prodotto l’album insieme a Daniele Caldarini, e ha curato anche l’adattamento in italiano degli altri brani) fa parte di un Dylan “minore”, quello solo in apparenza romantico e spensierato, ma che come spesso accade nelle composizioni del songwriter statunitense si cela sarcasmo e ironia.

Riccardo Santangelo





Fotografie : ©Angelo-Trani, ©Roberto Anania, ©Renzo Chiesa

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Gli artisti ospiti di Planetario
BAL RITAL /// 08.02.2014
Peppe Voltarelli (foto Renzo Chiesa)
Peppe Voltarelli (foto Roberto Anania)
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Peppe Voltarelli
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©_ANGELO_TRANI Gli artisti ospiti di Planetario BAL RITAL /// 08.02.2014 Peppe Voltarelli (foto Renzo Chiesa) Peppe Voltarelli (foto Roberto Anania) peppe Voltarelli1 Peppe Voltarelli ©_ANGELO_TRANI Peppe-Voltarelli-Planetario

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