L’importanza di una città con i secoli ha cambiato parametri di valutazione. Con il tempo il peso “politico” e la capacità produttiva prima industriale, e successivamente finanziaria, hanno fatto aumentare il valore delle grandi metropoli, a discapito di città più piccole. È così se accettiamo come metro di giudizio quello “solido” del visibile, quantificabile in moneta (fattore effimero, per cui vacuo), ma cambia totalmente se spostiamo le priorità di giudizio. Così Tokyo, Shangai, New York, Londra, Dubai, Milano, solo per citarne alcune, non avranno più rilevanza di Osaka, Kunming, Nashville, Liverpool, Bamako, Pienza (senza far torto a nessuno).

Il “fattore “musica

Prendiamo come metro di giudizio la musica e la produzione artistica che ha caratterizzato i luoghi. Lo so che non è facile porre delle peculiarità quantificabili, ma proviamo a farlo. Certamente molte delle città che reputiamo importanti, non sarebbero mai considerate, e altre si troverebbero tra i primi posti. Una di queste sarebbe Napoli, che vanta una cultura musicale che ancora oggi non si conosce tutta. Ma in fondo non dovremmo stupirci: «Napule è ‘nu paese curioso: è ‘nu teatro antico, sempre apierto. Ce nasce gente ca’ senza cuncierto scenne p’ ‘e strate e sape recità», così presentava la sua città Eduardo De Filippo. Insomma una città dove l’arte è in ogni luogo.

Enzo Moscato e il “recitar cantando”

Tra i vari artisti che hanno caratterizzato Napoli, e lo fanno ancora, c’è Enzo Moscato, esponente di rilievo della nuova drammaturgia partenopea, esportata in tutto il mondo in più di quarant’anni di attività. Ma è anche famoso per il suo “recitar cantando”, che presenta nel suo nuovo disco Modo minore (con la direzione artistica di Pasquale Scialò, corredato da un libretto di 48 pagine e pubblicato da Squilibri), in cui rivisita la colonna sonora della sua adolescenza nei Quartieri Spagnoli. 

Canzoni con un “vestito” nuovo

Certamente con questo album non si può apprezzare la teatralità di Moscato, ma in questo disco viene riportata in primo piano la parola, la musica, il canto di una tradizione che sa anche rinnovarsi. Nel repertorio scelto si alternano brani originali di Moscato e Scialò, con brani noti e altri dimenticati, legati ai Festival della canzone napoletana (come Serenata arraggiata, ’O giubox ’e Carmela, Mandolino d’’o Texas),oppure altri ancora provenienti dal mondo dei night club (L’ammore mio è…frangese e Accarezzame).

Ma Moscato segue anche un percorso diverso, come se stesse ancora in un vicolo della sua Napoli e dalle finestre si sovrapponessero suoni diversi. In questo modo alle canzoni presentate per esteso, ne propone altre formate da “brandelli”. Come per esempio con Nun t’aggia perdere, portato al successo da Pino Mauro, ma introdotto qui da frammenti del Köln concert di Keith Jarrett. Oppure con un brano in cui vengono proposte insieme le canzoni Arrivederci (di Umberto Bindi), Cerutti Gino (di Giorgio Gaber) e Ciao amore ciao (di Luigi Tenco).

Io canto in “modo minore”

È lo stesso Moscato che ci spiega il suo modo di interpretare: «Io non canto per mettere in luce un (improbabile, del resto) talento vocale, ma bensì per dare alla mia anima un’ulteriore “chance” di esprimersi, a teatro e nella vita, con “altro” e non solo con le parole, con le note, appunto. Che io penso siano parole con le ali, farfalle sonore, “sciusciateci” da dio». Un atteggiamento che non solo richiama alla modalità della tecnica musicale, ma che vuole esaltare il porgere della “parola cantata” in un ambito più sommesso. Dove le canzoni, con la musica e i testi, hanno modo di fare leva su una drammaturgia che ingloba l’esperienza quotidiana della città, ripercorrendo anche gli aspetti marginali della storia musicale compresa tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso.

Riccardo Santangelo

Fotografie : ©Paolo Visone, ©Pino Miraglia, ©Fiorenzo de Marinis

Enzo Moscato in scena
Enzo Moscato
Enzo Moscato
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Moscato2
Le doglianze degli attori a maschera Fiorenzo de Marinis 4
Enzo Moscato
LIBRETTO
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